rassegna stampa

Pallotta-tifosi, lite contiua

Il botta e risposta non si placa, la guerra dialettica tra la Roma (con Pallotta in testa) e gli ultrà è ormai a oltranza

Redazione

Il clima non si rasserena, anzi. Sempre peggio. -   I tifosi, che già si sono visti chiudere per domenica la curva dal giudice Tosel, hanno lanciato l’ennesima iniziativa provocatoria: chi non si sente un fottuto idiota, venga fuori lo stadio a tifare Roma. Firmato Ultras della Roma. La partita contro l’Atalanta si giocherà in un suggestivo deserto, anche se ieri la società ha chiesto informazioni presso le autorità competenti per l’eventuale apertura del settore Sud attaccato alla Monte Mario. La crisi di risultati e il triste abbandono del secondo posto hanno solo peggiorato la situazione: i tifosi sono scontenti della squadra, ora in piena contestazione contro il presidente Pallotta («Pallotta boia», una scritta ieri nella capitale), che non molla di un centimetro, dimostrando anche nella chat con i tifosi dell’altro ieri, di voler portare avanti questa battaglia contro i violenti fin quando ce ne sarà bisogno. La passione della gente è a rischio? Una bella domanda. Attuale da sempre. Gli incidenti negli stadi e gli striscioni (o cori di cattivo gusto) non sono stati certo inventati oggi, ma oggi se ne parla spesso. È successo all’Università di Roma, la Sapienza, in un convegno intitolato proprio “Vivere lo stadio: una passione a rischio?”. Presenti studenti/tifosi, istituzioni, il presidente della Lazio, Lotito, insieme con il tecnico Pioli, poi, per rispettare l’aria di derby, all’università anche il dg della Roma, Baldissoni e l’allenatore Garcia, inoltre Marisa Grasso, ovvero la vedova dell’ispettore Filippo Raciti, ucciso a Catania il 2 febbraio del 2007. L’Aula Magna del Rettorato è piena, arrivano fischi da stadio (soprattutto per Lotito...) e applausi. Il dibattito può cominciare.

Pallotta non c’è, è a Boston, ma è come se ci fosse: perché c’è all’attenzione la sua battaglia nei confronti dei violenti. E non solo, visto che pure tanti altri gli si sono scagliati contro quel “fottuti idioti” («fucking idiots» ) che a parecchi non è andato già. «Io lo dico da dieci anni», subito Lotito rivendica il ruolo di capostipite dell’io contro tutti. «È lui che segue me. Da dieci anni combatto non i tifosi, perché è un termine improprio, ma i delinquenti abituali che usano il calcio come cassa di risonanza». E parte qualche altro buu nei confronti del presidente della Lazio. C’è anche la vedova Raciti, turbata dal clima da stadio proposto alla Sapienza. «Il futuro? Io sarei più dura. Chiuderei le porte dello stadio. Chi vuole vedere la partita, stia a casa».

I TECNICI -  I fischi, definiti da Lotito «figli della democrazia», non sono stati presi bene invece da Pioli che avrebbe preferito «in un contesto del genere, applausi per tutti». Il tecnico si è soffermato sulla questione della legalità, trattata pure dal capo della polizia, Pansa, il quale ha definito certe frange del tifo «organizzazioni criminali». «Chi supera il limite della legalità merita di stare allo stadio con noi», le parole dell’allenatore della Lazio. «Fa tristezza vedere negli stadi esagitati con il proprio figlio preso per mano. E anche noi addetti ai lavori non dobbiamo mai andare sopra le righe, possiamo essere un esempio. Ora con i laziali si è creato un clima idilliaco, ma deve essere sempre così, nel bene e nel male». Gli fa eco il collega Garcia. «Quando si ama una squadra bisogna supportarla soprattutto nei momenti più complicati, perché è molto facile salire sul carro dei vincitori». Garcia si trova a vivere una situazione surreale. «Ho sempre pensato che lo sport in generale, e il calcio in particolare, sia una formidabile scuola di vita. Nella mia vita privata e professionale la parola rispetto è importante. Ma so bene che effettivamente un individuo da solo può essere una buonissima persona, ma quando si sta in gruppo si può anche cambiare e seguire dei cattivi esempi. Sono rimasto sorpreso di vedere che per fare un biglietto bisogna registrarsi dando nome, cognome, data e luogo di nascita. In Francia tutto questo non c'è, e allora mi chiedo: a che serve questa cosa se non siamo in grado attraverso le immagini di sorveglianza di beccare uno che fa casino, di metterlo fuori e di vietargli lo stadio per tutta la vita?».