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rassegna stampa

Pallotta furibondo. DiFra: “Non lascio”

Il presidente da Boston: "Esonero tecnico? Chiedete a Monchi". Il ds: "Chiedo scusa ai tifosi"

Redazione

Quando la Roma vuole farsi male, ecco che ricorre l'1 a 7, o il 7-1, fa lo stesso e sempre sette sono, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero. Quando si fa, si fa per bene. Sette sono tanti e invitano Pallotta a porre rimedio, al di là delle smentite doverose. Il presidente ha la sua idea, da Cagliari addirittura, 8 dicembre: via DiFra. Monchi ne ha un'altra, da sempre: resta Di Francesco, senza se e senza ma.

E per ora, trapela, che si va avanti così. L'allenatore può non piacere alla dirigenza o a una parte di essa, ma è evidente come questa umiliante e raccapricciante sconfitta non sia figlia solo di scelte dell'allenatore. I giocatori del resto li abbiamo visti tutti.

Di Francesco entra nella sala stampa del Franchi come se avesse preso - nello spogliatoio - un'altra razione di schiaffi. Ma è serio, con la schiena dritta. "Io non mi dimetto, nella mia testa non c'è questo tipo di pensiero". Così, in sintesi. Non si dimette e per ora non viene presa alcuna decisione drastica, c'è il Milan a un passo. "Ora c'è solo da chiedere scusa a tutti i tifosi per la prestazione vergognosa che abbiamo fatto. La lista degli errori è piena: ma mi dispiace di più che nella difficoltà si perde la testa. Questo non dimostra unione, ma il contrario. Quando si è squadra lo si deve essere anche quando le cose vanno male. Parliamo sempre di una Roma di giovani, ma non possiamo trovare alibi. Basta, basta, basta. Dobbiamo guardarci in faccia bene, per quella che è stata la prestazione. Non esiste puntare il dito su un cambio sbagliato, su una scelta. Siamo noi, insieme, compreso me, che dobbiamo capire che così non va e non può andare".

Oggi si torna a Trigoria, con i tifosi molto arrabbiati, anche ieri a Firenze si sono fatti sentire. In questo scenario, Eusebio dovrà ricomporre i cocci e provare a pensare al Milan, sapendo che la sua Roma ha disimparato a difendere.