Ripartire a 33 anni. Mettersi in discussione, cambiare ruolo e anche il modo di stare in campo. Può riuscirci soltanto un grande giocatore. E Mkhitaryan lo è, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. Una rinascita, quella dell’armeno, targata Mourinho. Un rapporto tra tecnico e calciatore fatto di alti e bassi. Non solo alla Roma. Oggi, nel 3-5-2, non c’è Roma senza Mkhitaryan, trasformatosi in play basso perché “è l’unico in questa rosa che ha la qualità per farlo“, ipse dixit. Magie e intuizioni del mercato “fai da te” di José, capace d’inventare l’armeno in un ruolo che non aveva mai ricoperto in carriera e Zalewski (che oggi partirà con la squadra) a tutta fascia. A giugno gli scade il contratto ma spiragli per proseguire insieme non mancano. Roma e la Roma, infatti, sono diventate la sua seconda casa. Dentro e fuori dal campo. L’idea, nemmeno troppo sopita sino a qualche mese fa, era quella di chiudere l’avventura in giallorosso e trasferirsi in Russia. Lo Spartak Mosca ma soprattutto il Krasnodar (che a dicembre gli ha formulato una proposta biennale da calciatore, assicurandogli un futuro come direttore sportivo) si erano fatti avanti. Ora però la rinascita in giallorosso ma soprattutto il conflitto scatenato da Putin con l’Ucraina ha fatto cadere la possibilità.
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Il Messaggero
Mkhitaryan, usato sicuro
L'armeno garantisce qualità e sacrificio, Mourinho non può farne a meno e lui non esclude la permanenza
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