Spalletti, prima ancora di giocare la sua prima partita, ha già cambiato l’umore di tanti. Sono passati poco più di sei anni dalle sue dimissioni, una decina dal suo primo allenamento con la casacca della Roma e Trigoria - alla prima conferenza - era strapiena di gente, vecchie e nuove facce. Lui li ha benedetti un po’ tutti, scrive Alessandro Angeloni su "Il Messaggero".
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Una parola al miele in particolare per Dzeko: «Ho giocato sempre con una punta che doveva tagliare sul primo palo, ora ne ho uno che può giocare anche sul secondo, che può sfruttare la "palla passante". Se mi avessero chiesto: che attaccante...
Il toscano ha trovato una Trigoria diversa, proprio come lui. Uno Spalletti in grado di scherzare, di cercare la battuta, quindi il consenso, più di quanto già non ne abbia. Ci racconta un Pallotta che lo accoglie a Miami «con una maglia della Roma troppo stretta, gliene dovrò regalare una più larga»; racconta di un «grandissimo dirigente, Sabatini, ma il regalo che gli ho fatto me lo tengo stretto, visto che dicono che con lui non vado d’accordo»; racconta di essersi «addirittura eccitato nel guardar giocare la sua Roma con il vecchio 4-2-3-1». Parla della Sud e, categorico, dice: «Con il Verona rivedremo il settore pieno».
Parla dei giocatori, rendendoli subito suoi. «Due miei amici allenatori, uno di questi è Ancelotti, mi chiedono questi giocatori, vuol dire che sono forti e io sono tranquillo. Florenzi? È un 2 o un 7? Un tre e mezzo, un quattro e due quarti». Una parola al miele in particolare per Dzeko: «Ho giocato sempre con una punta che doveva tagliare sul primo palo, ora ne ho uno che può giocare anche sul secondo, che può sfruttare la "palla passante". Se mi avessero chiesto: che attaccante avresti voluto? Avrei risposto: Dzeko». Pensierino finale: «Non abbiamo alibi: abbiamo solo una strada: vincere subito. Al contrario, i tifosi mi prenderebbero per le orecchie e mi farebbero fare il giro della città».
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