(Il Messaggero - A.Angeloni) - Operativo da ottobre, ma alla Roma pensa da almeno un anno, forse da un decennio.
rassegna stampa
«Io, prigioniero della Roma»
(Il Messaggero – A.Angeloni) – Operativo da ottobre, ma alla Roma pensa da almeno un anno, forse da un decennio.
Un po’ qui con la testa, un po’ fisicamente a Londra. In Inghilterra, Franco Baldini, ha lasciato il cuore, in tutti sensi, lì trascorrerà i giorni di Natale, per poi forse fare un salto in Sud Africa, altra sua passione e lì sogna, presto o tardi, di andare a vivere. Il direttore generale dei giallorossi rilascia un’intervista a Roma channel prima di congedarsi da Trigoria. Un mini bilancio, per quanto possibile.[...]
Appunto. emerge che Roma è sempre Roma, senza un perché. Così è, e basta. Perché ha scelto di tornare. «Più ci penso e meno trovo il motivo. Dici di sì, provi a giustificare la scelta fatta, ma poi ti arrendi all’evidenza che ti dice che hai fatto ciò che volevi, senza trovarne i motivi. Sono nel posto in cui volevo essere. Il perché è un particolare». È andato via con Capello, è tornato con Luis Enrique. «Capello ha carisma, un’esperienza straordinaria. Con Luis Enrique c’è qualcosa di costruito dal basso, serviva di iniettare un po’ di sangue fresco ad un gruppo che tanto fresco non era più, un’identità di gioco diversa, non avendo modo di vincere subito. Si cerca di costruire qualcosa di attraente, un gioco offensivo con un’identità definita su cui poi fare i dovuti e doverosi innesti per poterla rendere non solo bellina, ma anche vincente. [...]
La Roma ora va, una soddisfazione in più. «Ai risultati è legato il nostro destino. Questa è una squadra che sarà scostante nell’immediato, perché resta un po’ bambina. Nel complesso possiamo crescere, ci vuole tempo». A proposito di crescere: Baldini si è fatto uomo con Franco Sensi e la Roma è cresciuta con loro. «Presi un aereo per venire ai suoi funerali. Non è retorica. Io non so se rendergli merito o colpa, ma quello che ho fatto nel calcio è stata una sua completa invenzione. Mai avrei pensato di diventare un dirigente. Fu lui che volle coinvolgermi, presi Paulo Sergio e Konsel e poi mi sono fatto prigioniero da me. E accettai di lavorare solo per lui.[...]
Con Sensi ha combattuto il calcio sporco. e ora come lo ha ritrovato? «Non ho ancora una giusta percezione. Vivo molto nella Roma e frequento poco gli ambienti politico-calcistici». Dove oggi si parla del tavolo della pace. «Le cose bisogna farle, più che dirle. Penso all’Inghilterra, lì si sono abituati alla pioggia, non si sta a riflettere se uscire o meno. Per esempio, se riusciamo a rendere lo stadio un luogo senza rischio, l’uomo si adatterà anche a questo». Mantiene l’omertà sul contratto di De Rossi, ma a Daniele regala parole dolci. «Mi ha dato una bella sensazione, una persona pura, dall’identità ben definita. È una persona di cui la Roma ha bisogno. Lo avevo lasciato ragazzino, con tutti i suoi progetti, l’ho trovato uomo». E su Totti? Con Francesco, dopo l’equivoco estivo, le cose vanno per il verso giusto. [...]
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