Sarà pure un pippone, come circola da mesi nell’ambiente romano, ma un pippone che nella prima di campionato rimedia il calcio di rigore che sblocca la partita e poi segna la terza rete della sua squadra Mimmo Ferretti su "Il Messaggero" se lo terrebbe stretto. L’hanno capito un po’ tutti che Edin Dzeko dovrà segnare tre gol a partita, tutte le partite, per essere considerato un centravanti vero. Colpa anche sua, perché concede poco o nulla alla platea: non sbraccia, non litiga con gli avversari, non impreca e non manda a quel paese nessuno, compagni e avversari. Edin è sempre caruccio e pettinato, quasi elegante, e uno così - si sostiene - non può avere l’istinto, la cattiveria del killer d’area. Poi, però, lo vedi giocare e ti accorgi di quanto sia utile alla (nuova) Roma di Spalletti che, nel campionato passato, spesso e volentieri l’ha spedito in panchina ma che, adesso, non se ne priva mai.
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L’insostenibile leggerezza dell’essere Dzeko
Lo vedi giocare e ti accorgi di quanto sia utile alla (nuova) Roma di Spalletti che, nel campionato passato, spesso e volentieri l’ha spedito in panchina ma che, adesso, non se ne priva mai
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