(Il Messaggero – A.Angeloni) - Se fosse per lui non parlerebbe mai, figuriamoci in questa fase in cui tutti gli chiedono se resta o se va via,
rassegna stampa
«Fuori l’orgoglio»
(Il Messaggero – A.Angeloni) – Se fosse per lui non parlerebbe mai, figuriamoci in questa fase in cui tutti gli chiedono se resta o se va via,
se la colpa delle 14 sconfitte in campionato o di un’annata claudicante è sua o della società o dei calciatori. Luis Enrique arriva in sala stampa già sufficientemente infastidito, trova tante persone che vogliono solo chiedere, sapere e riportare alla gente. Non ci sono tiratori scelti, nessuno ha voglia di affondarlo, ma di capire. Gli chiedi di Guardiola? Zero risposte. Gli chiedi se sarà lui l’allenatore della Roma nella prossima stagione e lui ti dice, tra un silenzio e un mezzo «nì», che il futuro è la partita con il Napoli.
Mercoledì ha chiesto di parlare con il cuore, senza ricevere domande, non gli è stato concesso, quindi l’occasione è sfumata per sempre. Con i media non va d’accordo e non si sa per quale motivo, visto che il suo arrivo è stato accolto da un consenso quasi unanime e da una curiosità per il suo calcio ai limiti del maniacale. Per tanto tempo s’è parlato di possesso palla, di proposta, di tiqui-taca, del modello Barça e così via. Ma la squadra s’è spesso persa, rimediando schiaffi qua e la. Risultato: Luis è sempre più infastidito e la voglia di spiegare di confrontarsi è ridotta ai minimi termini. […]
Siamo ai titoli di coda per Luis? Non è detto. Nella sua melina dialettica, lascia pensare all’addio e al contrario. «A fine stagione con la società capiremo i problemi e cercheremo le soluzioni», assicura l’allenatore asturiano. Luis qualcosa di preciso la dice sulla situazione generale della Roma, quasi sul gong, quando si stanno per posare la penna e il taccuino e le telecamere si stanno spegnendo. «Io mi prendo per primo la mia responsabilità. Ma tutti i calciatori, da chi è arrivato da poco a chi è a Roma da anni, devono migliorare moltissimo, devono portare la maglia con più orgoglio per meritare questo tifo. È questo il mio consiglio». Il consiglio va dritto al cuore di un gruppo spesso ingolfato e travolto dagli eventi (e dagli avversari, piccoli e grandi), alla squadra è mancato il carattere. «In qualche gara è sembrato questo. Ma una cosa è ciò che sembra e una cosa è ciò che è. Io ho visto tutto il contrario. All'inizio delle partite noto la grinta, poi l'ultima gara ha riassunto perfettamente la stagione. È mancata personalità, […]».
Luis divede le colpe tra lui e la squadra, ovvio. Anche se a volte lo stesso Luis è sembrato più in confusione di chi è sceso in campo. Lui respinge la critica a mani unite, stile portiere. «Non mi sento in confusione. Continuo a pensare alla mia visione di calcio. Ci sono stati dei momenti in cui la squadra è sembrata confusa, è successo quando si è provato a dare più del cento per cento. L'allenatore è il maggiore responsabile. È il primo anno per tutti, la società e i calciatori hanno posto le basi per quello che sarà la squadra del futuro. Purtroppo ci sono state tante sconfitte ma sono sicuro che la Roma presto vincerà. Se io ci sarò? Ci sarà la Roma e i romanisti».[…]
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