Ragazzi, "so' pure sparite le buche". Non solo. "Siamo Rigoglio, non più Spelacchio". Questo è l'umore dei romani, comprensivo di esagerazioni e di autoironie, ed evviva. Roma si scopre un'altra Roma, scrive Mario Ajello su Il Messaggero.
rassegna stampa
Il calcio alle buche, l’orgoglio ritrovato
Dopo l'impresa contro il Barcellona l'umore dei romani è alle stelle, comprensivo di esagerazioni, di autoironie, ed evviva
La fontana in cui s'è tuffato James Pallotta a piazza del Popolo può fungere dunque, simbolicamente, da fonte battesimale di una ritrovata fiducia in se stessa non solo della Roma ma anche di Roma. La squadra che voleva vendere Dzeko al Chelsea ha rappresentato la città che non sapeva valorizzare i propri gioielli. La stessa che ha maltrattato i propri alberi (non molto più alti del centravanti giallorosso) che infatti continuano a cadere appena piove un po'. La verità è che - ogni tanto ci azzeccava - aveva ragione Sigmund Freud, quando sosteneva che "Roma è un essere psichico in cui nulla di ciò che una volta è stato può perdersi". Ad esempio lo spirito vincente. Che dopo questi anni di buio, di crisi, di mito infranto, di immagine negativa da Mafia Capitale a tutto il resto, ha possibilità di ricrearsi.
E pensare che ci eravamo fatti piccoli piccoli di fronte a Barcellona non solo come squadra. Ma come città. Assurta ai nostro occhi - ora la chiamiamo «poverina» e non solo a causa di Piqué ma anche di Puigdemont - ma fino all'altro giorno l'applaudivamo come simbolo di modernità e innovazione, mentre Roma si era ridotta a guardarla, in maniera anti-storica e innaturale, dallo sprofondo delle sue voragini. Non si tratta adesso di gridare, in preda all'euforia, "fatece largo che passamo noi". Ma almeno di prendere le misure giuste di ciò che siamo e di ciò che vogliamo.
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