rassegna stampa

I gravi errori del modesto Cakir, i limiti di un gruppo senza identità

LaPresse

Occorre fare tante considerazioni che devono andare oltre la pessima prestazione dell'arbitro turco

Redazione

Rabbia immensa e un neppur vago senso di ingiustizia. Ma, analizzando la partita, scrive Mimmo Ferretti  su Il Messaggero, occorre fare tante considerazioni che devono andare oltre la pessima prestazione di Cakir.

Difesa a tre, tanto per cominciare. Una scelta legata alla partita, cioè alle caratteristiche del Porto, ma forte è la sensazione che trovandosi ad un passo dalla cacciata (non è arrivata una smentita da parte del club neppure a pochi secondi dall’inizio della sfida, tranne un affettuoso abbraccio mediatico di Francesco Totti), Eusebio Di Francesco abbia voluto giocarsela in maniera personalissima. Una mossa corretta? Valutando il primo tempo, Roma in affanno più per errori individuali che di reparto.

Roma troppo schiacciata verso Olsen, comunque; troppo passiva. Un guaio strategico, come dimostrato dall’azione che ha portato al calcio di rigore trasformato in maniera impeccabile da De Rossi. Finalmente un po’di coraggio,uno spunto di Perotti e partita di nuovo in parità, prima del cambio forzato del capitano dai muscoli ridotti ormai al lumicino per la causa romanista.

E la seconda rete dei padroni di casa? Difesa schierata, ma tutti con la camomilla tra le mani. Dormita colossale e errori a raffica di posizione. Colpa del modulo? Colpa di chi non ha capito esattamente come andava interpretata la partita.

La Roma, al di là di questo o quel sistema di gioco, ha tentato di portare avanti una gara da provinciale, senza avere - però - il vero spirito della provinciale. Troppo molle nella testa e nelle gambe. Contro un avversario, il Porto, apparso non irresistibile in difesa. Anzi. Come dimostrato ampiamente dai tempi supplementari, prima e dopo il rigore di Telles, giocati con uno straccio di personalità ma pochissima precisione. E, così, via ai rimpianti.