rassegna stampa

Gigi Proietti: “Fateci godere di più i campioni”

L'attore: "Mi ha sempre affascinato il progetto Usa, ma poi quando ti trovi davanti a certi risultati..."

Redazione

Il volto e l’anima di Roma, parla della Roma. Il sorriso e la simpatia di Gigi Proietti, intervistato da Stefano Carina su Il Messaggero, provano a stemperare il momento di difficoltà che sta vivendo la squadra di Di Francesco.

Maestro la disturbo? "Mai quanto il 7-1 di Firenze…". Brutta batosta. Se l’aspettava? "No, non me l’aspettavo. Il mio è il giudizio addolorato di un tifoso. Anche se non sono un tecnico che entra nelle scelte dell’allenatore non ne ho ben capito alcune. Ma lo tengo per me. Rischio altrimenti di fare brutte figure".

Meglio tenere ancora Di Francesco? "È una domanda dalle cento pistole. Comunque le dico di sì, sino a domenica. E dopo, se dovesse andare male, che le devo dire...Ci rassegneremo".

Che ne pensa della gestione di Pallotta? "Non sono un esperto di cose societarie. Parlare di Pallotta è come parlare del convitato di pietra, se ne discute soltanto quando arrivano queste batoste. Mi auguro non se la prenda a male. Molti miei amici che sono più dentro di me nelle questioni del club, mi parlavano di grandi speranze, addirittura di stadi. Quando ci sono progetti così, da romano che ama la sua città, dico pure ‘Aho, vediamo un po’ che succede’. Poi però quando assisto a questi risultati…".

E sul mercato di Monchi? "È che a volte si dà via l’oro e si compra il piombo (ride)… Comunque il progetto di ringiovanire mi trova abbastanza d’accordo. E nella Roma ci sono tanti giovani di buona levatura".

Visto quanto accaduto con altri giovani talenti tipo Marquinhos, Lamela, Pjanic... un altro augurio è che continuino il loro percorso nella Roma e non altrove. "Chi mi ha ricordato...Pjanic...Un nome che ha la stessa radice di pianto. E infatti abbiamo pianto e parecchio (ride). Questa, se mi è consentito, è la cosa che mi piace di meno dell’operato della società. Fateceli godere un po’ di più. Mica tanto, soltanto un po’…".