Un gol allo Zorya per riprendere il feeling perduto al derby. Perché Abraham ci teneva a lasciare il segno nella sua prima stracittadina, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. Ma, come spesso capita, quando cerchi tanto una cosa è la volta buona che non solo non ci riesci, ma nemmeno ci vai vicino. Contro la Lazio Tammy ha vissuto il pomeriggio più difficile da quando è sbarcato in Italia. Per carità, si è dato da fare (16 passaggi riusciti, 2 passaggi chiave, 2 recuperi, 2 falli subiti) ma è mancato in quello che associ quando pensi al numero 9: il tiro in porta. In quei 90 minuti non è mai stato messo in condizione di concludere, nemmeno una volta. Un dato che non è passato inosservato alla luce anche di quanto visto - al netto della modestia degli ucraini - giovedì. Perché un attaccante che in 10 minuti colpisce un palo e segna un gol, dovrebbe ricevere più palloni possibili. E invece Abraham sinora ha calciato poco verso la porta avversaria. Anche a Verona, gli era riuscito soltanto in un'occasione. Il totale, al momento, recita 10 tiri in 6 partite giocate in campionato. Per intenderci e rimanendo in zona: Immobile, nello stesso periodo, è già a quota 24 (dati Opta). Abraham è un attaccante generoso che gioca per la squadra, si allarga e crea spazi per i compagni. Va però messo in condizione di cercare di più la conclusione personale. Lo score, nonostante la giovane età, parla per lui: 94 reti (coppe comprese) in 217 gare disputate non sono arrivati per caso. È probabilmente insito nel processo di crescita naturale suo e della squadra ma per il salto di qualità della Roma, oltre al ritrovato Pellegrini e al ritorno di Zaniolo, serve un Tammy decisivo. Domani è l'occasione giusta.
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