In occasione dei suoi 60 anni Giuseppe Giannini, soprannominato "il principe" nei suoi anni in giallorosso, è stato protagonista di un'intervista esclusiva per Il Messaggero. Queste sono state le sue parole sul suo passato alla Roma (chiuso con 318 presenze e 49 gol):
Il Messaggero
Giannini, 60 anni da principe: “Non mi sono mai venduto per la Roma”
Lei nel posto giusto ma nel momento sbagliato, no? "In ritardo sulla prima Roma, troppo in anticipo sulla seconda, ma sono orgoglioso: nella mia vita ho fatto di tutto, però la prima parte della carriera è stata indimenticabile".
E' soddisfatto della carriera? "È mancata qualche vittoria importante, la gloria personale. L'ho solo sfiorata. Per il calciatore che sono stato, per essermi confrontato con grandi campioni, forse me la sarei meritata. Ci voleva una consacrazione. Non dovevo chiudere con tre Coppe Italia, più una Supercoppa e una Coppa in Austria".
Metta nell'ordine le sue grandi delusioni. "Roma-Lecce, '86, eravamo a un passo dallo scudetto dopo una rincorsa esaltante sulla Juve; poi la semifinale mondiale persa a Napoli contro l'Argentina nel '90 e infine la notte contro lo Slavia Praga, la mia ultima con la Roma. C'è anche Roma-Torino, finale di Coppa Italia del '93, ma mi consolo con il fatto di averlo vinto quel trofeo".
La partita con lo Slavia l'ha segnata: cosa fece quella notte, ricorda?"Fini tutto nello spogliatoio, con le parole di Mazzone che, davanti a tutti, mi ha elogiato. Era la fine della mia avventura nella Roma, è stata una serata magica rovinata da un gol stupido nel finale, e Carletto, davanti ai compagni disse che era orgoglioso di me e che avrei potuto giocare ancora, con una gamba sola. 'Me rompono er ca.. che non dovevo farti giocare, e invece...' disse. Parole che per me sono state come un successo".
Chi non voleva farla giocare?"Non lo ha mai detto, ma penso si riferisse al presidente Sensi".
Rapporto mai decollato con lui."Quando ha acquistato la Roma, aveva un socio, Mezzaroma. Sensi pensavache io stessi più dalla parte sua, era prevenuto. Ma sbagliava. Poi abbiamo ricucito, mi ha anche chiamato per tornare come dirigente".
Come è arrivata la Roma? "In famiglia, essendo dei Castelli, c'era qualche laziale, ma a me colpì uno scudetto della Roma, in ceramica, che mio nonno tene vaattaccato alla parete. E da lì, la passione per quei colori, ero innamorato di quello scudetto. Il destino ha voluto che, dopo un provino al Milan, mi prese proprio la Roma. Volevo l'Olimpico, la fascia, è arrivato tutto".
Ha vissuto più noie o privilegi da capitano della Roma?"Dietro a quel pezzo di stoffa c'è una storia, una città, le sue tradizioni, le passioni di un popolo. La fascia è stata sul braccio di gente come Losi, Di Bartolomei e tanti altri. Sì, tante responsabilità, ma sempre un piacere".
Cosa non andò con Ottavio Bianchi?"Eravamo a Bergamo, sul pullman, mi è scappata una battutaccia contro i bergamaschi, e lui, che è di Brescia, se l'è presa molto e da quel momento è sempre stato freddo con me. Parlava bene di tutti, mai di me. Una volta a Genova, contro la Samp, non mi fece giocare. Chiesi spiegazioni e mi respinse, mi snobbava, 'ho altre cose a cui pensare', mi disse. Un'altra volta, durante un Anderlecth-Roma di Coppa Uefa, nel 91, stavo facendo una partita bellissima, un assist dietro l'altro, ma lui mi voleva sostituire. Lo mandai a quel paese e mi lascio in campo. A fine partita, quando ci aspettava nello spogliatoio per congratularsi, io ritirai la mano e lui si infuriò. Da li abbiamo chiuso i rapporti, alla fine, la fascia me la tolse lui e la diede a Voeller".
Prova invidia per Totti e De Rossi?"No, sono contento per Daniele, lui conosce le mura di Trigoria e basta quello per sapere cosa sia il meglio da fare, per questo è l'uomo giusto per la Roma. La storia della mancanza d'esperienza è una fesseria. Quando conosci a memoria quell'ambiente hai una marcia in più".
Il post calcio di Totti è un po' come il suo: fuori dalla Roma. "A me dicevano sempre 'tu sei Giannini, non posso mica darti gli allievi nazionali'. Con questa storia sono sempre rimasto fuori, e per lui è un po' cosi. Tutte scuse".
Il problema è che lei non si è mai saputo vendere. "Si, probabile. Sono sempre stato cosi, lo ha detto anche Pellegrini in una intervista a Il Messaggero: non c'è bisogno di fare il ruffiano. Io ho sempre fatto quello che sentivo, non studiavo a tavolino i miei comportamenti. Andavo a braccio".
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