rassegna stampa

Garcia: “Vi racconto la Roma”

(Il Messaggero – M.Ferretti) Rudi Garcia parla e si nasconde. O meglio, cerca di nascondere la sua Roma. «Trigoria mi sembra una groviera…», dice. «Qui si può vedere tutto, è incredibile. Certe volte mentre alleno leggo su...

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(Il Messaggero - M.Ferretti)Rudi Garcia parla e si nasconde. O meglio, cerca di nascondere la sua Roma. «Trigoria mi sembra una groviera...», dice. «Qui si può vedere tutto, è incredibile. Certe volte mentre alleno leggo su internet quello che faccio...Ma io controllo i siti di tutte le altre squadre per informarmi. No, scherzo...».

Una lunga chiacchierata con il francese per parlare della capolista, ma non solo. «Roma-Napoli venerdì? La mia prima scelta era giocare la partita in casa e forse il venerdì perché è la cosa più giusta per entrambe le squadre. Ora c’è il problema dei nazionali, anche per il Napoli. Ho apprezzato quello che ha detto Prandelli, e cioè che userà il buon senso, ma l’Italia è già qualificata, altre nazionali no. Io dico ai miei giocatori di onorare al cento per cento la loro nazionale e di tornare il più velocemente possibile a Trigoria», il suo monito.

IL GRUPPO La sua forza è avere un'identità

«Dal primo giorno a Riscone, ho pensato solo a fare le cose migliori per far vincere la squadra, e ora penso sempre e solo a come poterla migliorare. Io non pensavo nè speravo di cominciare così bene: mi sono messo al lavoro per creare un’identità di gioco e un modo di stare in campo. E vedere che già durante la preparazione la squadra giocava il calcio che volevo io, anche se a piccoli passi, mi ha rassicurato. Al tempo stesso ho lavorato sulla testa dei giocatori, alcuni dei quali in difficoltà con alcuni tifosi. Ripeto che per me è impossibile amare una squadra e insultare i giocatori. Un lavoro tecnico e psicologico, il mio. Come si fa in ogni squadra. Solo che qui alla Roma era un po’ più complicato. Tutti i ragazzi adesso parlano bene di me? Per me è importante il rapporto con i giocatori: sono un istintivo, mi basta una stretta di mano e guardarsi negli occhi per capire tutto. Cioè se le cose vanno bene oppure no. E se non vanno bene, parliamo. E così tutto migliora. De Rossi ha detto no al Manchester United perché mi aveva dato la sua parola. Tutti i giocatori della rosa sono importanti. Guardate Torosidis: è entrato e ha fatto benissimo. Adesso spero di avere presto nel gruppo anche Destro. Preferisco fare scelte piuttosto che non farle. Siamo più forti se ho la possibilità di scegliere. Dobbiamo lavorare ancora molto e io devo prestare attenzione a quelli che giocano meno perché i sostituti di oggi possono essere i titolari di domani. E non fare le coppe è un vantaggio».

LA PIEGA DEL RAZZISMO Le leggi per combatterlo ci sono ma non vengono applicate

«Lo scudetto?Non ne parlo perché abbiamo solo due punti di vantaggio su Napoli e Juventus, e per noi è più importante il vantaggio sulla quarta. Ho detto ai miei ragazzi di pensare solo a vincere la prossima partita. Altri discorsi non devono interessarci. Faccio un esempio: non si può dire che l’Atletico Madrid vincerà la Liga per le otto vittorie di fila. C’è il Barcellona, c’è il Real Madrid e qui è lo stesso. Il razzismo? Deve essere combattuto con tutti i mezzi. La cosa bella del nostro mondo è che nello sport conta il talento, non il colore della pelle o la religione seguita. Lo sport è la più bella scuola di vita, magari si dovrebbe insegnare ai bambini che si avvicinano al calcio non solo la tecnica ma anche valori come il rispetto. I piccoli di oggi saranno i tifosi di domani. E poi le leggi per combattere il razzismo negli stadi ci sono, basta applicarle: esistono le telecamere, i biglietti nominali e quindi se uno vuole beccare uno stupido lo becca. Ci sono le leggi, ma devono essere applicate. Non vorrei che fosse una guerra persa. Chiudere uno stadio per colpa di pochi è una cosa che ho scoperto qui in Italia. Ma è un discorso che riguarda le istituzioni, non la gente di sport. La Uefa fissa le regole, poi ogni federazione fa altre cose... Non è un problema del calcio ma della società».

TOTTI Gervinho lo ha spostato al centro

«Se una squadra ha un solo modulo di gioco, è una squadra limitata. E la Roma a Milano ha dimostrato di saper giocare vari tipi di calcio. Totti ha bisogno di toccare molto la palla per illuminare il gioco e aprire gli spazi per i compagni, ma potrebbe anche spostarsi sull’esterno. L’importante è avere alternative, così se gli avversari ti aspettano in un certo modo tu ti presenti in un altro.... Totti aveva cominciato da esterno, è vero, ma la preparazione ti aiuta a capire tante cose: fai test, fai prove e poi ti regoli. Io sapevo da subito che lui poteva giocare centralmente, ma non si deve dimenticare che all’inizio Gervinho non c’era. Gervinho era così già ai tempi di Lille, solo che adesso è più maturo. Difende meglio, aiuta la squadra. Lui ha fiducia in se stesso e sente quella dei compagni e, si sa, la testa comanda tutto. Ljajic ha un talento immenso, è un’arma in più e ultimamente ha giocato poco solo perché aveva problemi alla schiena. Conte? L’ho incontrato qui a Trigoria quando è venuto ad allenarsi prima della supercoppa. Abbiamo parlato dieci minuti e ho capito che oltre ad essere un grande allenatore è una persona interessante. Ho capito che ama il calcio e che è un combattente come la sua squadra. La mia difende con un pressing alto che ci può portare anche al gol, come accaduto in occasione della prima rete a Milano. Se non è possibile pressare alti, è fondamentale essere compatti e tenere le linee strette. Per me si attacca e si difende tutti insieme, non è un discorso di reparti».