Branding. Basta una sola parola per spiegare cosa solletica l’interesse di un imprenditore tanto lontano dall’Italia e dal panorama calcistico a interessarsi all’acquisto di una squadra come la Roma, scrive Flavio Pompetti su Il Messaggero.
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Friedkin è attratto dal brand, ponte per l’Europa
Il tycoon dispone di un'enorme liquidità e i club del Vecchio continente sono più a buon mercato
Dan Friedkin dispone di enorme liquidità finanziaria e ha tutto l’interesse a sposare il suo nome a quello di un brand, di un marchio di sicura riconoscibilità mondiale.
La prima tentazione per un Tycoon statunitense è di investire su uno dei quattro sport nazionali: basket Nba, football Nfl, baseball Mbl o hockey Nhl. Ma gli assetti proprietari negli Stati Uniti sono statici, le offerte di vendita sono rare, e i prezzi di conseguenza sono altissimi.
E anche se la contabilità della singola squadra non quadra e i conti finiscono in rosso, allo stesso tempo l’ingresso di capitale straniero rilancia il brand fuori dai confini nazionali ed europei, verso piazze di mercato che prima si raggiungevano a stento.
Il brand della Roma ad esempio è cresciuto del 40% negli ultimi due anni, e il valore di facciata del marchio è salito dal 31° al 18° posto nella classifica annuale compilata dalla società di consulenza londinese Brand Finance tra le squadre di tutte le leghe calcistiche mondiali. n imprenditore che guarda a queste cifre dagli Stati Uniti capisce che il potenziale di crescita di una squadra come la Roma è enorme, almeno per quanto riguarda lo sfruttamento dell’immagine.
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