rassegna stampa

Francesco, cinque anni Usa all’opposizione

Al netto delle rassicurazioni passate, presenti e future di Pallotta, il rapporto tra il capitano e la proprietà americana è stato un continuo sali e scendi di incomprensioni e malintesi

Redazione

Dentro Trigoria, se c'è stato uno profetico in questi cinque anni, quello si chiama Walter Sabatini. Stefano Carina su Il Messaggero, ne ricorda le frasi che oggi tornano di attualità «C’è una triangolazione Baldini-Totti-Luis Enrique che non mi piace affatto. Si tratta di una sorta di stallo. E quando un aereo va in stallo, poi precipita».

E anche quando avvisò presenti e tifosi di «non affezionarsi troppo ai calciatori» (e i 66 volti nuovi in 5 anni ne sono la conferma). Perché quel famoso stallo, a cinque anni di distanza, si ripropone.

Tutto cominciò sempre col ds. All’epoca del suo arrivo, Totti aveva disputato 610 gare con la Roma e segnato 262 gol. Il 10 giugno del 2011, in una conferenza-fiume, Sabatini dichiara che Francesco «è come il sole al tramonto sui tetti di Roma». Ancora oggi il ds continua a ritenere come le sue parole fossero un complimento che tuttavia il diretto interessato (e non solo lui) ha sempre considerato uno scivolone.

Poi toccò a Franco Baldini: «Totti deve liberarsi della sua pigrizia e di chi usa il suo nome, anche a sua insaputa».

Poi, il 2 settembre, dopo l’eliminazione dai preliminari di Europa League e la sostituzione con Okaka nel finale di gara con lo Slovan Bratislava (che fa rivoltare l’Olimpico nei confronti di Luis Enrique), Sabatini torna a occuparsi del capitano: «Totti deve mettere da parte ogni vanità, altrimenti il suo caso rischia di uccidere la Roma. Non merita che si racconti la sua storia dicendo che ha demolito gli ultimi 6 allenatori».

Pochi giorni dopo, sempre il ds dovrà fronteggiare anche il disappunto di Lucho che si reca nel suo ufficio lamentandosi del fatto che con Totti non riesce a imprimere agli allenamenti quell’intensità e velocità che lui ritiene necessari.

Ultimo episodio la scorsa estate, quando sempre Sabatini invia a Gerson una maglia con il numero 10 e il nome del brasiliano. «Era per convincerlo», si difende.  Il resto è storia (triste) degli ultimi giorni.