rassegna stampa

Edin, tecnica e generosità. Un gigante capitale

Dzeko contro il Barcellona ha rasentato la perfezione nella veste di guida tattica e spirituale della squadra. E pensare che a gennaio era vicino all’addio

Redazione

Edinl’aveva capito prima di tutti, parecchio tempo fa. "Roma? Città bellissima, ma a Sarajevo durante la guerra c’erano meno buche sulle strade". Altra testa, altra categoria, scrive Mimmo Ferretti su Il Messaggero.

E Roma, nonostante le buche, é diventata la sua vita. Oggi, Dzeko parla della squadra di Eusebio Di Francesco come della “mia Roma”, e quando lo fa si intuisce al volo che non è per ruffianeria: la sente davvero sua, la vive come se fosse una cosa privata, avendo capito come si ragiona da queste parti quando c’è di mezzo la Magica.

La partita che ha giocato l’altra sera contro il Barcellona ha rasentato la perfezione: un’eccellenza sul piano tecnico, ma anche tanta presenza psicologica. Una guida, un punto di riferimento, una garanzia per allenatore, compagni e tifosi.

Dzeko contro il Barcellona è stato il portabandiera della Roma, e c’è poco altro da aggiungere. La foto più gettonata della favolosa notte dell’Olimpico è il suo bacio a Daniele De Rossi, mentre gli consegnava il pallone per calciare il rigore. Un rigore che Edin s’era costruito, inventato con tutta la sua classe e generosità.

Non si è leader solo perché si segnano un sacco di gol. Contro tutti i tipi di avversari, dalla peggiore squadra del campionato alla più bella (teoricamente...) d’Europa: Dzeko è leader con l’esempio che dà e trasmette ai suoi compagni; per la professionalità che mette in ogni sua azione, dentro e fuori dal campo, e anche per quel suo no al Chelsea di gennaio.

Dzeko per caratteristiche tecniche non può essere accostato a Roberto Pruzzo, ma questo non significa che sia più o meno bravo del Bomber. Diverso, se mai. Come lo è da Gabriel Batistuta, da Vincenzo Montella; oppure da Abel Balbo. Come guida spirituale e tecnica della Roma, Edin somiglia a Rudi Voeller che, con tutto il rispetto, non aveva i suoi piedi. Unico, in sostanza. Come lo è stato Francesco Totti, che è riduttivo ancora oggi (e lo sarà, per sempre) definire un solo attaccante.