C’è chi gli rimproverava di essere troppo buono, ora chi lo accusa di essere diventato troppo cattivo, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero.
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Dzeko, la rabbia del leader buono
Edin è goleador e uomo squadra. Ha segnato due volte alla Lazio, la sua carica trascina la squadra
Che cosa vogliamo da Edin Dzeko? Niente. Questo giocatore è destinato ad essere sempre contestato se sbaglia un gol o se per tre partite non segna. Però piace a tanti, per quel suo essere un cattivo dalla faccia buona. Il suo destino è fare gol: questo gli si chiedeva quando era buono, glielo si chiede oggi che ha il muso brutto.
Numeri alla mano, va detto che Edin segnava di più prima, lo scorso anno è stato il top. Ma oggi Edin è un leader, un punto di riferimento per la squadra, uno che si piazza in mezzo a tutte le giocate, a ogni palla morta, becca ammonizioni, rischia espulsioni. Si fa sentire in campo e nello spogliatoio. Si sente padrone della Roma, nella quale vorrebbe restare ancora a lungo.
Oggi c’è il derby, e lui con la Lazio ha un discreto rapporto. Diciamo di alti e medi. Il gol alla prima (con Garcia in panchina, 8 novembre 2015), su rigore (calciato non benissimo, a dire la verità) e la seconda nel girone di ritorno (con Spalletti in panca 4 aprile 2016). Poi, buone partite, una sola sconfitta in campionato e una in Coppa Italia, un pareggio e sei vittorie. Solo una gara, delle nove totali, ha giocato solo per trenta minuti, che poi è quella in cui ha segnato il suo secondo gol alla Lazio.
Un nove con i piedi da trequartista (sono 35 gli assist da quando è qui). Ed ecco perché piace tanto a Di Francesco, che a lui non rinuncia mai, lo ha fatto solo per cause di forza maggiore: un infortunio lo ha tenuto fermo per più di un mese. Per non parlare poi di quando, lo scorso gennaio, il tecnico ha puntato i piedi per farlo restare nella Capitale.
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