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Il Messaggero

Dimmi Josè

Getty Images

Mourinho raccontato da chi lo ha conosciuto bene

Redazione

Ai giornalisti Mourinho ha mollato sberle e spintoni, non solo metaforici, ma anche abbracci e sorrisi. Josè è tattile, scrive Andrea Sorrentino su Il Messaggero. Se è in buona ti accarezza addirittura, se non lo è, e capita quando perde o quando pareggia partite già vinte, meglio girare al largo, diventa una belva. Quanta vita abbiamo passato dietro Josè. La prima volta a Montecarlo, dopo una Supercoppa vinta dal Milan sul suo Porto.

L'anno dopo, Gelsenkirchen, finale di Champions, 3-0 del Porto al Monaco, trionfo. Lui scappa dal campo appena presa la medaglia, mistero. In realtà stava scappando al Chelsea, e lui detesta gli addii.

Come dopo la Champions interista. Cinico senza cuore? Macché, l'uomo oltre che religiosissimo (a Roma andrà per chiese, vedrete), è di passioni e amori durevoli, per la sua famiglia e pure per il suo adorato cane, Leya, uno yorkshire che era come un figlio. Quattro semifinali consecutive gli abbiamo visto perdere: col Barça, grazie a un arbitraggio maligno che scatenò il celebre porqué porqué porqué, col Bayern, col Dortmund di Lewandowski che quella notte schiaffò 4 gol sul muso dell'allora tenerissimo Varane, con l'Atletico di Simeone. L'abbiamo incrociato al Lowry Hotel di Manchester, dove ha vissuto per due anni e mezzo in una suite da 800 sterline a notte e dove anche per una birra aveva una saletta riservata e recintata. "Amigo, prendi qualcosa?". Erano già i suoi ultimi giorni, era in rotta col club: "Ma sai quanti soldi devono darmi per cacciarmi? Ah ah ah".

Lo esonerarono lo stesso, ma sapeva anche quello. L'uomo è di tempra fortissima, di solito prevede ogni cosa, ha antenne speciali, Roma imparerà a conoscerlo e ad amarlo.