Sfigurato, frastornato, amareggiato e deluso. Al fischio finale De Rossi ha lo sguardo perso nel vuoto, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. Vorrebbe andarsene a casa, non parlare con nessuno, sfogare la sua rabbia. E invece è costretto a presentarsi davanti alle tv e a vestire i panni del parafulmine. Sì, perché dopo due errori gravi dell'arbitro Giua (rigore non concesso a Dybala e punizione non fischiata a Pellegrini dalla quale nasce l'1-1 del Genoa) ci si aspetterebbe un rappresentante della società ad affiancarlo. E invece eccolo là Daniele, solo. Come al solito. Così quando gli vengono ricordate le parole dell'amico Totti ("Daniele è il parafulmine e rischia di fare la fine di Mourinho") rilasciate a Il Messaggero, abbozza un sorriso amaro che somiglia ad un ringhio di un animale in gabbia: "Lo siamo un po' tutti in un ruolo simile ad un parafulmine. Siamo responsabili di quello che accade. Sono stato preso in un momento difficile della Roma dal punto di vista ambientale per quello che rappresentavo e rappre- sento come ex giocatore e poi penso di essermi meritato di restare. Se fare la fine di Mourinho vuol dire essere mandati via perché i risultati non vengono penso che il mio destino sia lo stesso di tutti gli altri allenatori". Dribbla la questione. Perché quello che voleva dire Francesco quando ha utilizzato il termine "parafulmine" lo ha capito benissimo. Ma non c'è modo di farlo sbottonare ulteriormente: "Lo sapete che anche io darei un braccio per Francesco, ma va chiesto a lui cosa intendesse. Lo ripeto, tutti gli allenatori sono un po' dei parafulmini, sono i primi responsabili anche quando magari ci sono tante cose insieme che rendono una squadra più o meno grande, ma il primo a pagare è sempre l'allenatore".
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Il Messaggero
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