Daniele De Rossi, 102 presenze con l'Italia, racconta la sua rimonta azzurra. «Ho dato il meglio di me anche nella partitella del giovedì per convincere il ct». Sulla condizione fisica. «E' ottima, nonostante il piccolo fastidio al tendine. Ci ho sofferto a lungo in passato, cominciai sette anni fa. Da un anno non sentivo più niente. E' riuscito fuori per i campi un po' duri per il caldo. E si è infiammato. La preoccupazione, però, è stata eccessiva. Se ci giochi sopra non passa. Ma mi sento bene come non mi accadeva da tempo». Davvero ha pensato di non andare all'Europeo? «Le altre volte ero sicuro. Se avessi fallito le amichevoli prima della convocazione sarei stato comunque nei 23. Uno dice che se la deve giocare, ma sa che non è vero. Che si rispettano le gerarchie. Conte, invece, guarda la condizione atletica. E, con i tanti infortuni avuti in stagione, ero un interrogativo: polpaccio, flessore e caviglia. Se avessi, però, pensato solo all'Europeo me ne sarei stato al caldo del mio palchetto a vedere i miei compagni giocare. Non è stato normale che scendessi in campo con il Real, ma sono fatto cosi. Ho cercato di recuperare per la Roma, volevamo arrivare secondi». Quando darà l'addio alla nazionale? «Tante volte uno dà l'addio per dire non mi ha cacciato lui, me ne sono andato io. E' una furbata. Io mi sento molto bene. Non fisso una scadenza, deciderà il prossimo ct. Non mi vergognerei se non mi dovesse più chiamare. Io ci tengo molto. Un obiettivo era entrare nei 23, ma non il principale. Non vengo qui a gonfiare il petto e festeggiare la convocazione: per me è normale. Lo dico senza spocchia. E' normale per me esserci. Il mio obiettivo è fare un grande Europeo e vincerlo». L'Italia è pronta? «Il lavoro è il più duro che io abbia mai fatto. E, per la Juve di Conte, era un'arma in più, spero che possa esserlo anche per l'Italia. Avere chi ti insegna a percepire dove sono i tuoi compagni, ti aiuta ad aiutare e ad essere aiutato. Non siamo favoriti, ma dobbiamo essere solo consapevoli di poter battere chiunque». La Juve qui ha il doppio dei giocatori della Roma. Il suo club non punta sugli italiani? «La Juve ha sempre portato tanti giocatori in Nazionale. Essere tre non è neanche poco. Siamo più di quelli di Inter, Milan e Napoli. Se c'è una cosa che non devo consigliare alla mia società è di investire sui giovani. Con la Primavera abbiamo raggiunto per l'ennesima volta la finale scudetto. Negli ultimi anni siamo stati ad alti livelli anche con gli Allievi e i Giovanissimi. Merito di Sabatini, Conti e Massara. Il settore giovanile può dare giocatori come me, Florenzi o Totti, oppure da poter vendere per poi comprare uno più pronto. La Roma lo fa meglio di chiunque. E non ho parlato dell'allenatore della Primavera perché mi sembra anche scontato. Noi De Rossi non siamo mai troppo pubblicizzati a Roma, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti». Sul dieci a Motta. «Io presi il dieci, senza chiederlo: era nata una cosa geopolitica. Non credo l'abbia scelta Thiago ma l'ha accettata. Chi critica dovrebbe venire a fare due palleggi con lui e vedere come tocca il pallone. E pulirsi la bocca prima di parlare di un campione del genere che ha vinto tutto nei club. Tecnicamente è l'unico che merita il dieci. Ha caratteristiche diverse da Baggio, Del Piero e Totti, ma è un maestro». Rimpiange Pirlo? «Manca al calcio italiano, come altri campioni. Ne avevamo sempre due o tre che ti potevano risolvere la partita. Ha fatto una scelta il ct a non convocarlo è una lui ad andare a vivere nel posto più bello al mondo che c'è per vivere». De Rossi chiuderà in America? «Mi piacerebbe. Non mi vedo alla Juve, al Milan o all'Inter, anche per non competere con la squadra del mio cuore. Il Boca? Anche. Ma il prossimo anno sicuramente giocherò con la Roma. Inutile parlarne ora». Con che modulo si trova meglio? «Questi moduli bene o male li ho fatti tutti quanti. Alla Roma giochiamo con un modulo ancora diverso. Conoscerne diversi può essere un vantaggio in più». Su Totti-Spalletti. «Sono sempre spiacevoli le tensioni nello spogliatoio. Molto grandi, da quello che si percepiva all'esterno, e molto meno per noi che le vivevamo. Se sono coinvolti uno degli allenatori più forti della storia della Roma e del giocatore più forte di sempre del club, si crea una catastrofe. Chiunque ne parlava non dava aiuto ma creava solo scompiglio, dentro e fuori. Io non l'ho fatto proprio per questo. E non vedo perché dovrei farlo ora».
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De Rossi, l’Euro 16
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(U. Trani)
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