La storia si ripete, anche se spesso non ci piace, scrive Alessandro Angeloni su Il Messaggero. Otto mesi dopo: stesso luogo, stesse modalità, stessi destini. Un dejá-vù. Cè un allenatore esonerato, all'improvviso, e un altro che arriva, quando si pensava che la tempesta fosse finita. Lo scorso 16 gennaio, José Mourinho; ieri, Daniele De Rossi. Che non solo non mangia il panettone, ma non ha la possibilità nemmeno di assaggiare qualche castagna: non è passato nemmeno un mese dall'inizio del campionato e la Roma è costretta a ricominciare, di nuovo. Sembrano passati secoli, ma Mourinho è stato cacciato appena otto mesi fa, duecentoquarantasei giorni. La convocazione arriva di prima mattina, quando l'ad Lina Souloukou accoglie dipendenti e collaboratori. La società già da lunedì è a caccia di una nuova guida tecnica, il blitz nella Capitale da parte dei Friedkin aveva questo scopo. Daniele sospetta, ma non sa. Saprà, come accaduto a Mou, a cose già definite, quando tecnici a spasso, quindi disponibili, o hanno rifiutato l'incarico o sono stati respinti dopo alcune richieste esorbitanti. Ed ecco, appunto, che sullo sfondo c'è Ivan Juric, con il suo manager chiamato a Trigoria già a metà mattinata, pronto a definire l'accordo con la Roma per questa stagione ed, eventualmente (in caso di piazzamento Champions, auguri), per gli anni successivi. E Daniele cosa paga? Paga un mercato infinito, che ha dato il meglio (o il peggio, dipende dai punti di vista) a campionato già cominciato; paga la questione Dybala, che prima deve andare via e poi resta, quando i pensieri tecnico tattici ed economico finanziari erano altri; paga i rapporti non idilliaci con una buona parte della dirigenza, sfociati con discussioni molto accese nelle ultime settimane, martedì è il giorno chiave, quello è il buco nero. Paga, inoltre e inevitabilmente, i risultati modesti (escludendo il finale dello scorso campionato) di questo inizio stagione: tre punti su dodici, con due sole reti segnare.
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De Rossi, esonero choc
Tutto chiaro: con lui non si va in Champions. De Rossi già era stato ufficialmente informato poche ore prima. Il sospetto che i calciatori non sapessero, c'era, visto che si stavano presentando regolarmente al campo per l'allenamento previsto in mattinata, per fare - dopo quello scossone - il ritorno a casa. A DDR non manca il sorriso, se ne va dopo aver salutato, commosso, dirigenti e dipendenti, si ferma per pochi secondi davanti a una ventina di tifosi, firma autografi e scappa a casa, e anche lì, davanti a qualche giornalista, preferisce il silenzio. Silenzio che non c'è a Trigoria. Il rumore della protesta cresce e si sfoga contro qualche calciatore che via via sta tornando per l'allenamento. Per Daniele poi, una passeggiata in centro, con quel continuo squillare del telefono. La sera, la sorpresa di vedersi sotto casa una ventina di tifosi, che gli hanno dedicato cori e hanno esposto uno striscione contro la società. I presenti al Bernardini se la prendono con il capitano Lorenzo Pellegrini. La sera, come El Shaarawy, Lorenzo saluta Daniele con un post. Alle 15, si aprono le porte al futuro: arriva Juric, che fino a quel momento era nascosto in un hotel dell'Eur, in attesa della schiarita. Al tecnico croato è stato dato il benvenuto e poi gli e stato chiesto di far tirare fuori il carattere (eufemismo) ai giocatori. Il solito dejá-vù.
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