L’addio di Paolo Maldini al Milan, ufficializzato ieri sera "con effetto immediato" è il botto: fa rumore, scatena polemiche, alimenta i dibattiti, infiamma i social, ma non può, onestamente, sorprendere. Fa male, pensando anche ai casi di Del Piero e Totti per citare i più emblematici, ma nel football moderno i sentimenti sono confinati spesso all’ultimo posto della scala di valori. Il portafoglio - scrive Stefano Boldrini su 'Il Messaggero' - non va sempre d’accordo con il cuore e può portare talvolta ad assumere decisioni impopolari come quella di Cardinale. Ha presentato a Maldini il conto del mercato fallimentare della scorsa estate e del quinto posto in classifica, divenuto quarto in virtù della sentenza-Juventus. Le differenze ideologiche – Cardinale vuole giovani di prospettiva magari da rivendere a peso d’oro, Maldini preferisce i campioni pronti per l’uso – e magari anche la mancanza di empatia tra i due – succede – ha chiuso il cerchio. La filosofia industriale americana è questa: non guarda in faccia nessuno.
Il Messaggero
Da Maldini a Totti, la vita in salita dei calciatori-mito
Si può discutere sul sistema degli algoritmi, altro aspetto made in Usa che Cardinale vuole imporre nel Milan. Con una considerazione finale di fondo, che non riguarda nel caso specifico Maldini. Non basta essere stati calciatori leggendari per proporsi come dirigenti di alto livello. In Italia parliamo di Del Piero e di Totti, altre bandiere ammainate. Resiste quella di Zanetti all’Inter, ma il proprietario è un cinese. La certezza è che bisogna studiare, spogliarsi dell’abito da calciatore e avere l’umiltà di ripartire da zero per candidarsi al ruolo di dirigenti top. Gli statunitensi pretendono competenze e risultati. E pensando a Totti, riflessione finale: i Friedkin sono sbarcati a Roma nell’estate 2020 e Francesco non è ancora tornato nella casa madre.
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