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Da Bodo a Bodo: dopo 168 giorni la Roma torna in Norvegia

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Ventiquattro settimane agli antipodi, con il punto più basso (il clamoroso ko per 6-1 in Norvegia) e quello più felice della stagione romanista

Redazione

Da Bodo a Bodo sembra trascorso un secolo, scrive Stefano Carina su Il Messaggero. E invece, domani, saranno passati soltanto 168 giorni. Calendario alla mano, 24 settimane che vedono agli antipodi il punto più basso (il clamoroso ko per 6-1 in Norvegia) e quello più felice della stagione romanista. Due facce della stessa medaglia, quella con l’effigie di Mourinho. Furente, disgustato, incredulo, severo quello che si presentò nel post-gara del 21 ottobre, demarcando una linea netta tra buoni e cattivi, tra titolari e riserve, tra chi poteva far parte del suo progetto tecnico e gli altri dei quali avrebbe fatto volentieri a meno. Di questi – Villar, Mayoral, Perez, Diawara, Darboe, Calafiori, Kumbulla e Reynolds – soltanto il centrale albanese gli ha fatto cambiare idea. Oggi, alla vigilia di quella che difficilmente ammetterà in conferenza stampa (al suo fianco Felix) rappresentare una rivincita, è semplicemente un altro José. Compiaciuto, soddisfatto, felice, pungente verso l’esterno a protezione di quella che ormai chiama costantemente famiglia. Una metamorfosi che coincide con un’altra Roma. Più consapevole dei propri mezzi, cinica, letale, capace di adattarsi all’avversario, vincente. In poche parole, più squadra. I numeri non dicono tutto ma spesso fotografano meglio delle parole quello che gli occhi non fissano: filotto di 10 gare senza ko, 7 partite nel 2022 con la porta inviolata (17 in totale), Abraham a quota 23 reti, 5° posto in campionato con vista sul 4°, distante appena 5 punti. Una trasformazione voluta e cercata da José. Che ha (apparentemente) aspettato tutti ma alla fine non ha guardato in faccia nessuno. Una sorta di selezione naturale darwiniana: chi ce la fa, lo segue. Gli altri, si perdono per strada.