Una panzata fatale. Robin Olsen difficilmente dimenticherà la clamorosa papera, quell’inutile tuffo nel nulla, regalata alla Roma contro il Napoli. Perché quell’errore, che ha spianato ancor di più la strada della vittoria agli uomini di Carlo Ancelotti, gli è costato il posto di titolare, scrive Mimmo Ferretti su Il Messaggero.
rassegna stampa
Chi si piazza tra i pali non è il problema reale
I guai sono della squadra in generale che perde o pareggia
Il cambio con Mirante è stata una decisione che era nell’aria da settimane, ia via rimandata ma che, dopo il Napoli, era diventata obbligatoria. Non che Olsen sia stato uno degli artefici principali della triste annata giallorossa, ma lui una bella mano l’ha data.
Mirante non è un fuoriclasse del ruolo (non ce ne voglia...), se mai un onesto professionista incaricato di fare meglio di chi stava facendo molto male. E, in certi, casi il compito è agevolato. E chissà che nella decisione di Ranieri non abbia pesato a favore di Mirante anche il Fattore C, inteso come Comunicazione: i giocatori della Roma in campo comunicano poco, e forse con Mirante l’allenatore ha voluto incrementare la capacità di guidare la squadra, di dare ordini da dietro. Ipotesi, semplici ipotesi. Questione di minuti, il portiere è stato subito costretto a dimostrare che non vive da anni tra i pali per caso, e ne sa qualcosa Benassi. Così come Muriel, poco dopo, è stato costretto a tenersi in gola l’urlo per un gol negatogli in tuffo ancora da Mirante. Incolpevole, a seguire, sul colpo di testa da due passi di Pezzella. Emblematica un’inquadratura di Olsen in panchina: della serie, chi sono, cosa ci faccio qui?Mah. Quando - però - vedi che la Viola ripassa avanti con una deviazione di Jesus su tiro di Gerson, Mirante incolpevole, capisci che forse il problema non è il portiere ma la porta della Roma. O, meglio ancora, il problema è la Roma, al di là di chi gioca tra i pali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA