rassegna stampa

Caro Zeman, con te ritroviamo la voglia di osare e di divertirci

(Il Messaggero – V.Cerami) Il ritorno di Zdenek Zeman nei piani alti del calcio è una salubre boccata di ossigeno in questo periodo buio e desolante.

Redazione

(Il Messaggero - V.Cerami) Il ritorno di Zdenek Zeman nei piani alti del calcio è una salubre boccata di ossigeno in questo periodo buio e desolante.

Il mister di Praga ha lasciato a Roma, sia nel cuore dei romanisti che dei laziali, ricordi indimenticabili, non solo per gli esaltanti risultati ottenuti con le due squadre, ma soprattutto per aver riportato in primo piano i valori fondanti dello sport: lealtà, abnegazione, spirito di squadra, integrità fisica e, soprattutto, incessante tensione verso la vittoria.

Zeman vuole sempre vincere e non ha mai accettato il compromesso del pareggio per un calcolo di opportunismo strategico. Per lui perdere onoratamente conta di più che pareggiare per esigenze di classifica: ogni partita vive in sé e un intero campionato è fatto di partite che vivono in sé. Quando il boemo è costretto a chiudersi in difesa è solo perché l’avversario glielo impone e il suo schema di gioco, anche se talvolta rischioso, punta sempre verso la porta avversaria. Di qui lo stile champagne, spettacolare delle sue squadre.

La macchina zemaniana va sempre a tutta manetta grazie all’entusiasmo e alla fiducia che infonde ai suoi giocatori. Così succede che molti giovani, fino ad allora nell’ombra, possono esaltare tutto il loro talento. Sono numerosi i campioni che il mister ha tirato fuori dal cappello. Sono in molti a chiamarlo il poeta del calcio, e non soltanto per l’estro e l’inventiva espressi in campo. Lo dimostra lo stesso entusiasmo con cui allena sia le piccole che le grandi squadre.

Si diverte, soprattutto si diverte. E diverte. La gioia del suo gioco è il riflesso della sua stessa gioia. I suoi memorabili «j’accuse» che spesso gli hanno creato difficoltà, anche drammatiche e penose, all’interno dell’ambiente, non hanno scalfito di una virgola la sua idea alta dello sport. Il suo 4-3-3 ci racconta che Zdenek Zeman era e rimane il più moderno e giovane degli allenatori. Il Pescara che ha battuto il Torino nell’ultima partita ha fatto tornare alla memoria di tutti i tifosi la grande Olanda di Cruijff: aggressività, praticità, velocità, una delizia per gli occhi. Eppure la faccia di Zeman appare impassibile, sorniona, compassata, una statua azteca, e ogni tanto gli fiorisce sulle labbra un mezzo sorriso amaro. Ma non è di scetticismo, è d’ironia, e non esiste artista a questo mondo che non sia dotato di ironia e di creaturale distacco dai luoghi comuni. Basta leggere le sue interviste per cogliere un’anima, in fondo, candida, come quella dei bambini. È sempre acuto, divertente, originale.

La Capitale ha acquistato un personaggio che creerà entusiasmi e anche qualche arrabbiatura. Ma sarà sicuramente un protagonista. Bisognerà dare tempo, non a lui, ma ai giocatori della Roma, quelli che ci sono e quelli che arriveranno, di incamerare una mentalità nuova che prenda a riferimento non soltanto le leggi e i costumi del calcio, ma quelli dello sport nel senso più antico e sano della parola. I laziali meno tifosi e più giudiziosi non possono negare le sue virtù. Hanno nel cuore, grazie a lui, un secondo posto nel 1994/95 e un terzo posto l’anno successivo, senza contare gli storici quarti di finale della Coppa Uefa e l’arrivo di Nedved. E anche i romanisti ne tengono ancora alta la bandiera. Malgrado l’ostruzionismo delle istituzioni calcistiche, arbitri compresi, con lui in panchina i giallorossi di Sensi sono passati dal 12° posto al quarto. Ma Zeman non veniva dal nulla, alle sue spalle c’era già il Foggia dei miracoli, la vittoria con il Parma contro il Real Madrid e una serie di risultati tennistici rimasti negli annali. Le aspettative che ha creato nella Capitale all’inizio potrebbero non aiutarlo, dovranno avere fiducia i calciatori, i tifosi e lui stesso in una dirigenza che ha scelto una strada tanto entusiasmante quanto coraggiosa. E i romani, che con Luis Enrique hanno avuto tanta pazienza, da oggi dovranno avere coraggio e stringersi intorno alla squadra, alla società e all’allenatore, in nome degli autentici principi dello sport. Tutti uniti le vittorie saranno più vicine.