Rudi Garcia è francese, basta leggere la sua bella autobiografia per capire che è un uomo semplice schietto, cresciuto negli spogliatoi con l'odore del l'olio canforato per i massaggi. Non è abituato all'esercito d’ipocrisie del calcio italiano. Se pensa che a Torino contro la Juve ha perso per colpa di errori arbitrali lo dice. E lo ripete. Se in tribuna viene insultato e riempito di sputi con la squadra non può far finta di niente. E si sorprende a sentire illustri opinionisti del nulla ripetere che «farebbe bene a dimenticare quella partita». E perché mai? Un avvertimento, come è stato poi chiaro a Genova. Se tocchi gli equilibri, rischi. All'improvviso, in poche settimane, l'allenatore gentiluomo, il più premiato in Francia, l'uomo sensibile e intelligente che ha portato un nuovo clima a Roma, è diventato violento e provocatore, quasi un mostro. Si usano testimonianze improbabili e titoli che sembrano armi improprie. È una demonizzazione in piena regola, un trattamento «alla Zeman», un altro che aveva toccato gli intoccabili. Ma lui, Rudi risponde in campo: più ci attaccano, più reagiremo. Stasera, per una volta, la squadra che è sempre stata protetta dal tecnico dovrà giocare anche per lui. Col Milan bisogna vincere per tanti motivi, ma anche per Garcia.
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Bisogna vincere per l’allenatore
Stasera, per una volta, la squadra che è sempre stata protetta dal tecnico dovrà giocare anche per lui.
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