José Mourinho ha salutato il popolo in adorazione indicando il prato dell’Olimpico: io rimango qui, sembrava suggerire dopo Roma-Spezia. Chissà se un qui reale o un Qui indefinito, cosmico, molto ideale, emossionale direbbe lui, scrive Andrea Sorrentino su 'Il Messaggero'. Perché spesso basta solo un gesto, anche se in questo caso è tutto da interpretare. Lì, su quel prato, si era consumato fino a poco prima l’ultimo drammone stagionale, col solito salvifico gol di Dybala, e dopo le consuete battaglie con gli arbitri, in campo e ai suoi bordi. Ecco, appunto. Se ci sarà un prossimo anno con Mourinho, sarà possibile viverlo continuando a baruffare con gli arbitri in ogni partita? Il “qui” a cui si riferisce Mourinho include anche, per forza di cose, anche la rissosità elevata a sistema? Conoscendo l’uomo, è ben difficile che sottoscriva un patto di non belligeranza col mondo arbitrale; né, conoscendo il sopraccitato mondo, è prevedibile che dagli arbitri arrivi un ramoscello d’ulivo. Figuriamoci: già nel 2005 il capo dei fischietti Uefa di allora, Volker Roth, definì José "un nemico del calcio", quindi il clima è quello, da sempre. E dunque, si chiede il presidente Friedkin, il gioco Mourinho vale la candela oppure no, in un’ottica di decollo verso l’Europa e la gloria?
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Arbitri e club, si deve ricucire
Già nel 2005 il capo dei fischietti Uefa di allora, Volker Roth, definì José "un nemico del calcio", quindi il clima è quello, da sempre
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