Come scrive il Corriere dello Sport Juventus-Roma parte davvero 44 anni fa. E’ un momento di ricostruzione per la Juve, finita terza dietro al Cagliari di Gigi Riva e all’Inter, mentre la Roma è ben lontana dalla nobilità del campionato (undicesima) ed è divorata da un conflitto insanabile tra il presidente, Alvaro Marchini, e il mago Helenio Herrera che molto presto (in concomitanza con l’introduzione della legge sul divorzio...) si separeranno. Marchini, anche se l’allenatore si oppone, decide di vendere alla Juventus uno dei suoi giocatori più affermati, Fabio Capello, e due prodotti del vivaio che proprio Herrera ha scoperto e valorizzato: Spinosi e Landini. Sembra quasi un dispetto personale. I tifosi romanisti, scottati dal grigiore del periodo e stupiti da un’operazione insensata, insorgono, anche perché in cambio ricevono un campione di 35 anni, Del Sol, un talento lunatico come Zigoni e due giocatori normali, Bob Vieri (il padre di Christian) e Viganò. Oltre ai soldi che incamera Marchini.
rassegna stampa
Un po’ alleate un po’ nemiche
Come scrive il Corriere dello Sport Juventus-Roma parte davvero 44 anni fa.
E resteranno cordiali con il presidente successivo, Gaetano Anzalone, su cui tanto si è discusso a proposito della discesa negli spogliatoi nell’intervallo di quel Roma-Juventus del 1972/73, ultima giornata di uno sprint mozzafiato. La Roma, che non ha interessi di classifica, è in vantaggio per 1-0 e sta negando alla Juventus la possibilità di vincere lo scudetto a danno del Milan, in trance nella Fatal Verona. Anche la Lazio, sullo 0-0 a Napoli, è rientrata in gioco, visto che alla fine dei primi tempi la classifica dice Milan e Lazio 44, Juventus 43 (la vittoria vale due punti). Ma nella ripresa l’atteggiamento dei giocatori della Roma cambia, la Juventus pareggia e vince nel finale con un gol di Cuccureddu, lasciato completamente libero di attaccare l’area di rigore. Il Milan non recupera, la Lazio cade, la Juve è così campione per la quindicesima volta e festeggia in campo all’Olimpico.
I tifosi della Roma soffrono, anche se la sconfitta ha evitato il rischio-scudetto della Lazio, e covano per anni il rancore verso la Juventus dei padroni del calcio. Per questo l’arrivo di Dino Viola, alla fine degli Anni Settanta, è sconvolgente e stimolante. Sul piano sportivo, la Roma diventa competitiva in Italia e in Europa. Sul piano politico Viola decide di sfidare apertamente il potere precostituito, diventando il nemico più temuto dalla famiglia Agnelli e dal presidente Boniperti. Il gol di Turone, che innesca le battute sulla «questione di centimetri» del fuorigioco, si rivela solo il primo atto di scontri a colpi di ironia tra le fazioni. Un giorno Boniperti, geometra, invia a Viola un righello e un biglietto: «Così puoi misurare i centimetri»
Viola risponde: «Grazie ma il righello è uno strumento più adatto a un geometra come te che a un ingegnere come me» . La Roma di Viola conquista lo scudetto nel 1982/83 (e quattro coppe Italia) e ne sfiora altri due dopo quello di Turone. Il duello con la Juve è totale. In campo e sul mercato. La Roma aggancia Zibì Boniek nel 1982, interviene Boniperti e glielo porta via. Boniek accetterà l’offerta di Viola solo tre anni dopo, all’indomani della Coppa Campioni vinta nel dolore all’Heysel.
Simile a Viola, nell’ideologia e nei risultati, si rivela la gestione di Franco Sensi, in sella dal 1993. Dopo un iniziale legame con Luciano Moggi, assunto come direttore generale, Sensi rompe fragorosamente i rapporti con la Juventus. Il caso dei trasferimenti di Ferrara e Paulo Sousa, trattati da Moggi ai tempi della Roma e poi finiti alla Juve in coincidenza con il cambio di bandiera del dirigente, viene interpretato a Roma come una dichiarazione di guerra. E così Sensi prosciuga ogni risorsa per costruire una società indipendente, anche attraverso le nuove piattaforme televisive, e una squadra all’altezza delle grandi del nord. Capello, che ha giocato con tutte e due le squadre, da allenatore della Roma giura: «Non andrò mai alla Juventus. Noi siamo la repubblica, loro la monarchia» . E’ una lotta di orgoglio ormai. Ma per raggiungere lo scopo, e vincere lo scudetto dopo 8 anni di presidenza, Sensi spende più di quanto fattura e in seguito, ormai stanco e provato dall’età, non trova la forza per risalire. Quando la gestione della Roma passa nelle mani della figlia Rosella, con il controllo delle banche, la Roma si è indebolita e decide di tornare al tavolo con il potere. Capello, testimonial perfetto di un rapporto ondivago, smentisce se stesso e va proprio alla Juve. Moggi aiuta la Roma ad acquistare due giocatori, Nonda e Kuffour, mentre il sindaco romano di passione juventina Veltroni celebra la pace con un caffè in Campidoglio tra Rosella Sensi e Giraudo.
Calciopoli spazza via anche questo equilibrio. E la famiglia Sensi, dopo la morte del patriarca e gli acquisti di Burdisso e Borriello strappati alla Juve, è costretta a mollare la Roma nell’estate del 2011. Questi sono i nostri tempi. La Roma americana si rende autonoma dalla Juve in campo commerciale e sportivo. Ma collabora in Lega, come confermano i recenti accordi sulla distribuzione dei diritti televisivi, e cura con attenzione i rapporti di cortesia, come racconta l’ospitalità concessa alla Juve a Trigoria in occasione della Supercoppa italiana (contro la Lazio all’Olimpico). Dall’altra parte, Conte chiede ai suoi giocatori di fermarsi sul 4-0 contro la piccola Roma di Luis Enrique, per non infierire. Non c’è furia tra le squadre, se si eccettua la parentesi zemaniana che risveglia negli juventini un desiderio di vendetta per le vecchie accuse sul doping. Sul fronte arbitrale, la Roma sceglie il basso profilo accettando i torti come un male necessario. La Juve apprezza lo stile. Sono gli allenatori, da Zeman a Garcia, e i giocatori a esprimersi in libertà. Lo ha fatto De Rossi prima di Natale, parlando a Roma Channel di aiuti alla Juve, lo ha ripetuto Totti ieri nell’intervista al Messaggero. La Juve prima o poi risponderà. Perché potrà esserci qualche alleanza strategica, però mai condivisione di intenti quando si confrontano le amiche impossibili. Gli opposti si attraggono, certo, ma fanno scintille.
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