rassegna stampa

Senza errori individuali sarebbe un’altra Roma

(Corriere dello Sport – R.Maida) – Superata la percentuale fisiologica del suo calcio offensivo, Luis Enrique non riesce a capire come mai la Roma continui a commettere errori «infantili».

Redazione

(Corriere dello Sport - R.Maida) - Superata la percentuale fisiologica del suo calcio offensivo, Luis Enrique non riesce a capire come mai la Roma continui a commettere errori «infantili».

Nella sua visione barcelonista il possesso palla e la padronanza del gioco comportano dei rischi. La bravura sta nel controllarli. Il problema è che alla squadra mancano ancora equilibrio, serenità, fiducia per applicare un modello tattico ambizioso. E il risultato è evidente: gli sbagli individuali costano troppo alla squadra, senza peraltro essere risarciti da un’adeguata efficienza offensiva. Eppure una volta che gli automatismi saranno perfezionati, secondo l’allenatore, la Roma diventerà una squadra difensivamente solida.

L’ANALISI - E’ anche una questione di singoli, di qualità dei giocatori o almeno di adattabilità a un certo tipo di atteggiamento tattico. Riparlando della partita con i collaboratori spagnoli, Luis Enrique non si sente responsabile della sconfitta. E ha rafforzato la convinzione che nell’azione decisiva del derby gli sbagli siano stati tre: il passaggio debole e centrale di Heinze, che va contro i princìpi più elementari delle scuole calcio; la mollezza di Pjanic, poco reattivo nell’intervenire perché debilitato dai problemi muscolari; la posizione di Stekelenburg, che spesso non recepisce le indicazioni della panchina di piazzarsi al limite dell’area di rigore. Era successo altre volte, sia a Cagliari che a Siena, che il portiere accennasse l’uscita per poi tornare indietro. Stekelenburg è stato abituato a giocare in un altro modo dagli allenatori che aveva incontrato in precedenza e così fatica ad assimilare il concetto. (...)

I CALCI PIAZZATI - Sul secondo gol, invece, l’allenatore difende la sua scelta di usare la zona sui calci piazzati. Difendere a zona non significa lasciare liberi gli attaccanti avversari, che anzi vanno seguiti con ferocia agonistica; significa marcare l’attaccante che capita dalle proprie parti. Se Juan si distrae, se Taddei non è pronto a chiudere su Mauri, un cross innocuo dalla trequarti diventa letale. Anche di questo parlerà Luis Enrique oggi, alla ripresa degli allenamenti, ma senza fare processi: l’atteggiamento della squadra in inferiorità numerica gli è piaciuto.