(Corriere dello Sport - G.Dotto)Parte bene il francese con la faccia che promette bene. Storie che sono troppo belle per essere vere e invece sono vere.Due romani per ricominciare. Daniele De Rossi come Adriano Pappalardo. Sono tornate a scoppiargli le vene nello stadio dove veniva da bambino al seguito del padre. Proprio lui, Daniele, uno dei romanisti più amati e più vituperati della storia. Un calcio in culo ai cattivi pensieri e doppio calcio in culo ai perfidi sparlatori. Il raddoppio di Florenzi. Il suo secondo tempo è roba da fuoriclasse assoluto, mica potenziale, assolutamente reale. Tipetto alla dinamite, schizzo e talento, che si duplica e triplica in tutti i ruoli e piedi possibili. Insomma, tutto molto romano e romanista, anche la felicità di Rudi Garcia.
rassegna stampa
Questa è una vittoria tutta romanista
(Corriere dello Sport – G.Dotto) Parte bene il francese con la faccia che promette bene. Storie che sono troppo belle per essere vere e invece sono vere.
Partite come queste la Roma di Luis Enrique e di Zeman le perdeva sempre. E invece sono tre punti tre mesi dopo la madre di tutte le disfatte, in quella terra di cuori caldi e geniali balordi che è Livorno. Tifosi romanisti arrivati fin qui con tutta la comprensibile strizza del mondo, desiderosi di sbagliare treno e di sbagliare strada e che alla fine invece fanno i cori, le ola e gli olè. Era tassativo dimenticare. Urgente capire chi siamo e dove andiamo. Sabatini che fuma in tribuna è l’enigma sospeso. Una meraviglia quando si mette le mani in faccia al gol di De Rossi. Sembra disperazione e invece è liberazione. Lamela in panchina è la ferita aperta. (...)
Rudi Garcia che strepita verticale e Maicon che viene giù come una locomotiva sulla destra sono le immagini che servono all’inizio per andare oltre. La Roma possiede palla, chissà se possiede anche un’anima. L’anima c’è, si capisce subito, anche se appare un poco troppo flemmatica. Molta palla, molto giro e poca profondità. Zeman? Una cosa remota. Troppo solida e troppo poco fluida per quarantacinque minuti. Non si capisce bene come e dove possa arrivare il gol, da quale corridoio, forse un mischione, forse un colpo di Totti. Borriello si sbatte ma sa di passato. Confortano invece parecchio i due statuari al centro e De Sanctis in porta, un micidiale ma provvidenziale rompicoglioni. Sullo 0 a 0 è Garcia che parla al cellulare, speriamo con il sovrannaturale, invece è Frederic Bompard il suo vice. Meglio del sovrannaturale. Lui vede il calcio dall’alto. Fuori Borriello e dentro Gervinho. Dentro soprattutto la pallaccia di De Rossi. Meglio così. Il Livorno è così scarso che può farsi gol da solo in qualunque momento, ma il tempo passava. Florenzi ha il demonio dentro, il palo non gli basta, vuole altro. E così, dopo una sarabanda estiva da emicrania e sipario ancora aperto, cominciamo a sapere chi siamo e forse anche da dove andiamo. Una squadra che ha deciso di essere squadra. (...)
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