rassegna stampa

Quanta voglia di Campo Testaccio

Riportiamo l’edizione del Corriere dello Sport e ci immergiamo nei numeri, in cui c’è tutta la leggenda di Campo Testaccio. La data della prima e dell’ultima partita. Lo score della Roma nella sua vera casa, quella progettata alla fine...

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Riportiamo l'edizione del Corriere dello Sport e ci immergiamo nei numeri, in cui c’è tutta la leggenda di Campo Testaccio. La data della prima e dell’ultima partita. Lo score della Roma nella sua vera casa, quella progettata alla fine degli Anni venti da Silvio Sensi, sì, proprio il papà di Franco, e che ospitò la prima grandissima Roma del presidente Sacerdoti. 161 partite disputate, 103 vittorie, 32 pareggi e 26 sconfitte. Undici anni (troppo pochi) di vera gloria con lo scudetto sfuggito almeno un paio di volte per un soffio.

La leggenda di Campo Testaccio fu illustrata prima di tutto dai grandi giocatori che ne calpestarono il manto erboso. Da Masetti a Volk, da Bernardini a Guaita a Ferraris IV, “grande nazionale e capitano” come recita la canzone. Immortalata perfino in un film di successo: Roma-Juve 5-0 di Mario Bonnard in cui l’epica vittoria sui bianconeri del 1935 faceva da sfondo ad una storia d’amore, con l’intero organico della Roma coinvolta nell’interpretazione della pellicola, andata persa.

Era difficile per le squadre avversarie della Roma lasciare indenni il Testaccio. Lo stadio era tutto in legno in perfetto stile inglese. In particolare ci si era ispirati all’impianto dell’Everton. Quasi sempre c’era il tutto esaurito e i calciatori potevano sentire il fiato dei tifosi sulle spalle. Il vero dodicesimo giallorosso che negli Anni Trenta portò la Roma a vincere moltissime partite sul terreno di casa. La scelta di Testaccio poi si rivelò particolarmente azzeccata. Quartiere popolare e popoloso, realizzò un connubio inscindibile con la squadra del quale la zona si contraddistingue tutt’ora. L’abbattimento dello stadio, che data 21 ottobre del 1940, avvenì in seguito ad alcuni problemi statici della struttura che fecero pensare ad un possibile cedimento. Invece di una ristrutturazione ed ampliamento fu invece deciso di abbatterlo in vista della costruzione di un nuovo impianto che poi non si fece più, anche perchè l’Italia stava precipitando in una tragedia imponente come quella della seconda guerra mondiale.

Come accade spesso, una vecchia canzone ha tramandato ai giorni nostri il mito di Campo Testaccio. Negli Anni Settanta fu il moderatamente laziale Sandro Ciotti che, grazie al maestro Vittorio Lombardi e con un piccolo registratore, riportò alla luce l’inno testaccino che vi riproponiamo a fianco e che nelle gare in casa della Roma viene riproposto e cantato ad una ventina di minuti dall’inizio della gara, prima dell’inno di Antonello Venditti. Nell’attuale versione non viene cantata l’ultima strofa che faceva riferimento al presidente Sacerdoti e che vi proponiamo integralmente.