Forse ha imparato la lezione, da uomo intelligente e da imprenditore navigato. Il risultato è che oggi James Pallotta è indicato come il conciliatore, l’americano che mette ordine nella gazzarra Juve-Roma, mentre quattro anni fa dalle sue parti aveva conquistato una fama opposta: quella di contestatore.
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Ma Pallotta nel basket USA accusò l’arbitro
Il presidente giallorosso, oggi pacificatore, era solito trovarsi nei panni del contestatore
Come riporta l'edizione odierna del Corriere dello Sport, nel giugno del 2010, durante le finali dei playoff Nba, criticò aspramente un arbitraggio che a suo dire aveva danneggiato profondamente i Boston Celtics nell’ultimo quarto di gara 3 contro i grandi rivali dei Los Angeles Lakers. Una specie di Roma-Juventus made in Usa, insomma, con i canestri al posto delle porte. Guarda caso anche in quella situazione la lamentela riguardava tre decisioni controverse, tipo Rocchi a Torino.
Le cronache dei giornali americani, a cominciare dall’autorevole Wall Street Journal, raccontarono che un furibondo Pallotta avesse detto a John Stern, il capo del movimento Nba da poco andato in pensione, una frase del genere: «Dovrebbe sentirsi in imbarazzo davanti agli arbitraggi di questa serie». Nella fattispecie nessuno sospettò di malafede. E i Lakers si presero lo stesso il titolo Nba. Ma al signor Stern, avvocato di professione, l’uscita di uno dei proprietari dei Celtics non andò giù: Pallotta venne multato di 100.000 dollari, che al cambio attuale farebbero oltre 79.000 euro. Evidentemente negli Stati Uniti non c’è grande tolleranza verso le accuse agli arbitri.
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