rassegna stampa

«Mi merito un sei ma il titolare è Stek»

(Corriere dello Sport – A.Ghiacci) – Un ragazzo semplice. Che forse non si rende ancora bene conto di essere il portiere della Roma, almeno fino al rientro di Stekelenburg. Mauro Goicoechea, 24 anni, uruguaiano, si gode il suo momento,...

Redazione

(Corriere dello Sport - A.Ghiacci) -Un ragazzo semplice. Che forse non si rende ancora bene conto di essere il portiere della Roma, almeno fino al rientro di Stekelenburg. Mauro Goicoechea, 24 anni, uruguaiano, si gode il suo momento, con tranquillità e serenità.[...]

Goicoechea, secondo lei è giusto che ci sia turn over anche per il ruolo del portiere? Una volta non era così, con tre o quattro alternative per squadra...

«Vero, ma il mio esempio spiega tutto. Non appena sono arrivato si sono verificate delle circostanze per cui si è rivelato giusto che un grande club possa avere tre portieri di livello. Si è fatto male il primo, si è fatto male il secondo ed è toccato a me».

Presto Stekelenburg rientrerà: chi sarà il titolare?

«Nell’intervallo di Parma, quando sarei dovuto entrare al suo posto, è venuto a darmi l’in bocca al lupo, mi ha detto di stare attento e tranquillo. Sinceramente credo che quando rientrerà giocherà lui. Il titolare della Roma è lui, è Stek (lo chiama proprio così, ndr). Io sto giocando solo perché si sono fatti male sia lui che Lobont».

E secondo lei come sta sfruttando l’occasione? Si dia un voto...

«Secondo me sto andando abbastanza bene, errore nel derby a parte. In pagella mi darei un 6».

Ma lei ha il gradimento dell’allenatore... Zeman le ha detto perché ha chiesto il suo acquisto?

«No, con Zeman non ho parlato. L’ho conosciuto all’inizio ma non mi ha spiegato perché ha deciso di puntare su di me. Qualche volta mi ha chiesto dei movimenti, ma nulla più. Chiaro che quando ho saputo che un allenatore di un Paese lontano mi aveva notato e seguito (Goicoechea parla dell’ex collaboratore di Zeman, Franco Mancini, che oggi non c’è più, ndr) la soddisfazione è stata enorme. Non posso che essergli grato».

Che cosa ha provato a Parma, nel giorno dell’esordio in serie A con la Roma?

«Una sensazione strana, non me l’aspettavo. Anche se allo stesso tempo avevo capito che si stava chiudendo un cerchio, stavo realizzando il sogno. Ora si tratta di continuare a lavorare per migliorare, ma già sento la fiducia della squadra».

E ancora prima, quando l’ha chiamata la Roma?

«E’ stata una gioia enorme, avere l’opportunità di poter arrivare in una grande squadra come è quella giallorossa è stato fantastico. So che è molto difficile approdare in una società di questo livello. In Uruguay non ci sono squadre così. Sì, ho realizzato un sogno».

Ci racconta come è andato il passaggio dal Danubio a Trigoria?

«Il primo contatto l’ha avuto il mio agente, che mi ha prospettato questa eventualità. All’inizio però non ho voluto farmi troppe illusioni perché sembrava che il trasferimento fosse molto difficile. Durante la trattativa ero un po’ nervoso perché temevo che l’affare potesse saltare. Alla fine, quando tutto si è concretizzato, sono stato felicissimo. Non vedevo l’ora...».

Sta scoprendo Roma e la Roma: se le aspettava così?

«Mi avevano detto che la città è meravigliosa. Mi aspettavo di incontrare qualche difficoltà inizialmente, soprattutto per via della lingua. Poi ho scoperto anche con i fatti di essere arrivato in un grande club perché mi hanno fatto sentire subito tutti a mio agio. Ora sono ancora più felice».

E i tifosi giallorossi?

«Sapevo che la gente è molto calda qui e l’ho notato soprattutto nell’ultimo periodo. Quando mi incontrano mi salutano, dopo il derby mi aspettavo tante critiche per il mio errore, invece mi sono stati vicini. Anche in Uruguay il pubblico è sempre molto a contatto con la propria squadra, anche se io ero in un club che non è il più importante del mio Paese».

La Roma può andare in Champions?

«Il gruppo ha già dimostrato di poter competere contro chiunque. Se troviamo la continuità credo che ogni traguardo sarà possibile».

Come è stato accolto dal nuovo spogliatoio?

«Benissimo. Io sono alla prima esperienza in una nuova squadra, fino a tre mesi fa avevo giocato solo con il Danubio, fin da quando ero al settore giovanile, quella era casa mia, quindi per me è tutto nuovo. All’inzio ho legato maggiormente con i giocatori di lingua spagnola come Burdisso, Lamela, Nico Lopez. Ma tutti mi hanno accolto in maniera calorosa. Ancora non sono riuscito a uscire con qualche compagno: la volta che Burdisso mi ha invitato a cena non potevo. Non mancheranno altre occasioni».

Chi la vede allenarsi racconta che è animato da grande carattere.

«Quando sono arrivato gli altri portieri erano con le nazionali. L’immagine che ora tutti hanno di me è forse dovuta al fatto che con il preparatore ho iniziato da solo e ho cominciato a chiedere consigli, a lavorare quanto più possibile. Anche perché se un tecnico ti spiega delle cose, lo fa per migliorarti. Anche il rapporto con gli altri portieri è ottimo. Vado d’accordo sia con Stekelenburg che con Lobont, e questa è una cosa importante perché dobbiamo trascorrere molto tempo insieme».

Si è già parlato del suo riscatto? Pensa di riuscire a convincere la Roma?

«Il discorso è prematuro, ora penso a godermi il momento lavorando al massimo. Certo che mi piacerebbe, ma adesso non è ancora il caso di parlarne».[...]

Osvaldo non si capacita dei fischi e delle proteste della gente che viene allo stadio. Lei che ne pensa?

«I tifosi sono appassionati, se hanno diritto o no di fischiare non lo so. E’ chiaro che possono manifestare il loro dissenso, ma ovviamente a ogni giocatore dispiace se questo accade, perché uno va sempre in campo per dare il meglio. Ma succede ovunque, possono fischiare o applaudire, ci sta».

Il suo compagno di squadra ha anche parlato, in termini entusiastici, di “normalità”. Ha detto che nel calcio italiano, a Roma soprattutto, non esiste. Per lei c’è davvero troppa pressione?

«La realtà da cui provengo è totalmente diversa, in Uruguay non succede lo stesso che sto vivendo qui per la prima volta, non avevo mai ricevuto tante attenzioni. Non sta a me giudicare se l’attenzione e la pressione che ci sono nel grande calcio siano giuste o meno, credo faccia parte del gioco. Come faccio a non montarmi la testa? Ho sempre cercato di farmi apprezzare per quello che sono. Sono contento di quello che sto vivendo, di quello che mi sta succedendo qui e adesso».[...]

Chiudiamo tornando per un attimo al gol subito nel derby. Zeman ha detto che per lui non è stato un errore ma si trattava di un intervento difficile...

«Ma il mio errore c’è stato, tanto che ho chiesto scusa ai tifosi romanisti. Sono andato con i pugni mentre avrei dovuto mettere le mani così (apre le dieci dita davanti al viso, come a bloccare di nuovo quel pallone calciato da Candreva, ndr). Era difficile, è vero, la palla ha cambiato direzione all’ultimo, ma l’errore c’è stato. Ne ho parlato tanto, con tutti, credo ci possa stare. So che devo lavorare ancora molto per migliorare, quell’errore ormai voglio lasciarmelo alle spalle».