Arrabbiarsi, e perché? L’ira va gestita. Adem Ljajic ha imparato a controllarsi. «Prima sì che mi arrabbiavo se non mi mandavano in campo dall’inizio» . O se lo toglievano. Quando Delio Rossi lo ha scoperto ci ha rimesso un posto di lavoro. «Adesso do il 100% in allenamento e lascio decidere il tecnico», come riporta il Corriere dello Sport.Il tecnico ieri ha deciso che Ljajic piace di più quando entra ad avversari sfiancati dalle accelerazioni di Gervinho e Florenzi e si mette a fare a brandelli le partite. Soprattutto con la Lazio gli riesce bene. Lo scorso anno in viola segnò il gol decisivo all’andata e anche al ritorno pasteggiò come una volpe tra le galline.
rassegna stampa
Ljajic, né rabbia né paura
Arrabbiarsi, e perché? L’ira va gestita. Adem Ljajic ha imparato a controllarsi. «Prima sì che mi arrabbiavo se non mi mandavano in campo dall’inizio» . O se lo toglievano. Quando Delio Rossi lo ha scoperto ci ha rimesso un posto di...
In casa lo hanno visto al suo meglio, contro il Verona e la Lazio. «Io non temo nulla e la squadra gioca bene. Ho chiesto io a De Rossi di farmi calciare il rigore». Certo, contro la Lazio è un’altra cosa. Ljajic, il ragazzo capriccioso che sta cercando di sradicarsi dalla testa le erbacce del malumore e di diventare un serissimo adulto (speriamo non ci riesca mai del tutto, giusto quel po’ che serve ad affrontare le situazioni difficili), ha annusato la traccia della vera gloria nel pieno del recupero, quando Ledesma lo ha spalmato sull’erba. Si è rialzato per andare a raccogliere il pallone prima che chiunque, il rigorista ufficiale Strootman, De Rossi nella sua qualità di capitano, il titolare di tutto, Totti, dalla panchina potessero decidere diversamente. «L’arbitro ha fischiato e io sono andato a prendermi il pallone. Volevo capire che cosa si provasse a segnare sotto la Curva Sud. Adesso lo so» . Ma ha dovuto supplicare De Rossi a mani giunte, buon esercizio di umiltà e di gestione dell’ira, e sentirsi quasi mandare a quel paese, evvabbene, tiralo tu quest’accidenti di rigore. Lo ha tirato, ha segnato. «Io non ho mai paura. Non ne avevo neppure prima di cominciare questa partita. Forse perché non ho vissuto quel 26 maggio. Ovviamente sapevo quanto fosse importante vincere per i miei compagni di squadra. Sono felice anche per loro, e per i tifosi» . Illustra il suo talento calcistico forse inferiore a quello di Lamela con dovizia di tratti e pennellate più certe e fitte di quelle dell’argentino. In tre parole: Erik è dimenticato. Ljajic ha l’aria assente anche quando la rabbia lo accende: «Questo è un derby che in Italia conta. Io ne ho giocati altri e non ne ho mai perso uno. Però la gioia di vincere partite simili, davanti al tuo pubblico, davanti alla tua famiglia, non diminuisce mai» . Di gioie ne conoscerà altre, c’è da scommetterci, con la Roma. «Il nostro campionato comincia adesso. Mercoledì, contro la Sampdoria» . Eppure è un campionato già molto, molto diverso da quello dello scorso anno. «Non so che cosa non andasse lo scorso anno. So che questa squadra gioca bene» . E probabilmente la differenza è tutta qui.
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