rassegna stampa

«Io non mi dimetterò ma il calcio è incerto e in Italia ancora di più»

(Corriere dello Sport – R.Maida) Sconsolato, distrutto, annientato, a un certo punto si è seduto in panchina e non si è rialzato più.

Redazione

(Corriere dello Sport - R.Maida) Sconsolato, distrutto, annientato, a un certo punto si è seduto in panchina e non si è rialzato più.

Sotto la pioggia, preso a pallonate dal Lecce, cosa avrebbe potuto dire alla squadra per alleggerire questa trasferta pasquale? Luis Enrique ha preferito mordersi la lingua e accompagnare con il silenzio la sua Roma. Sempre più lontana da tutto. Taceva lui, tacevano al suo fianco il team manager Scaglia e il tattico Moreno, l’uomo con l’Ipad. Una resa psicologica, ancora prima che tecnica, che svela l’umanità di una persona imbarazzata. Il legame con la dirigenza resiste anche ai colpi di Muriel e Di Michele, ma adesso tornano i dubbi sull’avvenire: «Nel calcio non si sa mai cosa riserva il futuro. Nel calcio italiano si sa ancora meno» (...)

 

RILANCIO - Durante l’intervallo, nella sala stampa dello stadio Via del Mare, si era persino sparsa la voce che si fosse dimesso. Ma Luis Enrique, con una smorfia un po’ incredula, giura che è falso: «Non mi è mai passato per la testa di andare via. Sto benissimo in questa società e in questo ambiente. Questa è una sconfitta brutta, pesante, ma io non mollo. Nonostante i risultati altalenanti siamo ancora lì, a competere per la Champions e per l’Europa League» . Anche dopo il dodicesimo ko in campionato, il quattordicesimo dell’anno zero della Roma, considera il terzo posto raggiungibile: «Perché non dovrei? C’è grande equilibrio tra le squadre in serie A, mancano sette partite. Può succedere di tutto. Ora proveremo a battere l’Udinese: la partita di mercoledì è un esame decisivo» .

L’ANALISI - In tv racconta un paradosso inquietante: «Dopo l’1-0 per noi è stato molto difficile, quasi impossibile recuperare» . La Roma a Lecce non può recuperare dopo essere andata in svantaggio? In sala stampa, Luis Enrique chiarisce un concetto che rimane bizzarro: «Questo è un pensiero che ho fatto dopo la partita. Non siamo stati in grado di assorbire il colpo psicologico del gol del Lecce. In tempo reale, invece, ero sicuro che saremmo riusciti a reagire. Ma non è successo, purtroppo. Non mi aspettavo una Roma così: evidentemente siamo una squadra capace di grandi cose e anche di brutte giornate. E’ il nostro limite che non sappiamo controllare» . Non sa spiegare l’alternanza di prestazioni e di risultati:«Se conoscessi le cause dei problemi, li avrei risolti. Commettiamo molti errori in fase di possesso palla. Anche stavolta ce ne sono stati troppi, soprattutto nel primo tempo. E poi ci è mancata la profondità, non siamo stati pungenti» . Forse è mancata anche la grinta: «Ognuno interpreta il calcio alla sua maniera, la personalità non si compra al supermercato. Ma il discorso del carattere in questo caso non mi convince. Il Lecce è stato superiore in tutto: per quello che si è visto in campo, la squadra più debole era la nostra» .

OMBRE - Non chiede scusa ai tifosi, ma quasi: «Siamo tutti delusi. Io, la società, i giocatori. Ci dispiace per la nostra gente che ha visto una partita così negativa» . Alla squadra non rinfaccia niente, almeno pubblicamente: «Sarebbe ingiusto parlare dei calciatori dopo una sconfitta del genere. Mi prendo io tutta la responsabilità della situazione. Continuerò a lavorare per capire quello che non funziona» . Senza discutere i propri principi: «Questo non è il mio progetto, è il progetto della società e io in questa società mi riconosco. Sapevo prima di venire in Italia che non sarebbe stato facile il mio lavoro. Ma vado avanti» . A tempo indeterminato.