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L.Fiorini:«Ci pensa Totti: è la nostra luce Luis Enrique? Non convince»

(Corriere dello Sport)Il derby per qualsiasi tifoso è sempre una partita speciale. Come lo vive Lando Fiorini?

Redazione

(Corriere dello Sport)Il derby per qualsiasi tifoso è sempre una partita speciale. Come lo vive Lando Fiorini?

«Questa volta mi mette paura, non lo nascondo. Non è una banalità quando si dice che la squadra più forte è quella che rischia di più. Speriamo che sia così, perché la Lazio in questo momento è più equilibrata. Spero che in campo e sugli spalti non ci siano liti e tensioni e che la partita si svolga in un contesto festoso».

Cosa si aspetta dalla Roma? «Mi fa stare tranquillo il rientro dell’elettricista. Francesco Totti lo chiamo così perchè è lui che accende la luce. E poi questo signore, De Rossi, speriamo che si presenti dieci minuti prima alla riunione. E’ troppo importante per la Roma, lui fa lo spartitraffico, fondamentale per proteggere la difesa. Stavolta lo spagnolo speriamo non si inventi niente di strano».

Cosa pensa di Luis Enrique? «Non mi convince ancora. Già dall’inizio della stagione, con l’eliminazione dall’Europa League, quando escluse Totti all’andata e lo sostituì all’Olimpico. Tolse il capitano che era il migliore, quando c’erano almeno tre giocatori che non correvano. I vecchi mi hanno insegnato che quando uno sbaglia deve fare un passo indietro. Anche lui ammetta di aver sbagliato. A volte sembra un po’ spocchioso, deve avere un occhio di riguardo per i romani e la romanità».

Che ricordi ha del derby? «Una volta feci una scommessa con Montesano. Il Corriere dello Sport fece una pagina con Franco Dominici. Chi perdeva doveva correre nudo al Gianicolo, intorno alla statua di Garibaldi. Erano gli anni Settanta, la Roma passò in vantaggio, ma poi perse per 2-1, con una doppietta di Chinaglia. Enrico voleva fare il fanatico. “se strilli forza Lazio non ti faccio spogliare”. “Ti attacchi, me spojo”, risposi. Cercai di non dirlo a nessuno, ma quella sera dopo lo spettacolo al Gianicolo c’erano migliaia di persone. Qualche lavorante del Puff mi aspettava con le coperte. Un freddo... ero completamente nudo. Montesano ha lavorato con me, qui al Puff. Vado avanti da 43 anni, pur con qualche difficoltà. Qui faccio un po’ tutto, oltre a portare avanti lo spettacolo».

Tifoso della Roma da sempre. Come è nata la sua passione? «Sono nato in vicolo del Cinque, al numero 6. Ultimo di otto figli. Mio padre fece le prove prima di mettere al mondo quello giusto... Ormai da tanti anni mi sono trasferito a Monteverde. Chi viene da Trastevere oltre Monteverde non può andare. Mi affaccio e vedo i miei luoghi d’origine. Da ragazzo mi alzavo alle tre per andare ai Mercati generali, ora vado a dormire a quell’ora dopo lo spettacolo. Ai Mercati facevo il facchino, ero il più piccolo e mi incollavo le cassette di patate e pomodori, le più pesanti. Quando dissi a mio padre che volevo cantare mi rispose che se non portavo i soldi a casa non entravo. Sono tifoso della Roma da quando sono nato. Da ragazzino mi imbucavo, oppure andavo su Monte Mario. Chiusi il locale per seguire la squadra di Liedholm a Ipswich, in Coppa dei Campioni. Durante il volo di ritorno nacque l’inno della Roma che ho scritto io. Quello di Venditti è più bello, il mio è semplice, scritto col cuore. Adesso allo stadio vado poco, sono sempre impegnato con lo spettacolo. Ma anche quando sono in scena seguo i risultati con la radiolina». La nuova Roma le piace? «Pjanic si vede che è un buon giocatore, Borini corre anche quando dorme, uno che dà il fritto. La Lazio è più equilibrata, ma hanno fatto ridere i polli con la storia delle dimissioni di Reja. La dignità dov’è? Lotito combatte contro tutto e tutti, ma non può fare sempre da solo. Della Lazio temo Klose, ma anche Cisse era forte». E a proposito di società, che impressione ha della Roma americana? «Chi sarà il vero presidente? Spero che questi americani non siano venuti qui a fare i calcoli per costruire lo stadio. Noi romani vogliamo amore».