rassegna stampa

La rivolta di Roma e Fiorentina

E’ stato tutto inutile. Oddio, non proprio. Intanto la corte di giustizia federale ha ridotto di una giornata la squalifica di Borja Valero e finalmente ha messo una pietra sopra la vicenda dei cori di Milan-Roma, la canzoncina dei rossoneri...

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E’ stato tutto inutile. Oddio, non proprio. Intanto la corte di giustizia federale ha ridotto di una giornata la squalifica di Borja Valero e finalmente ha messo una pietra sopra la vicenda dei cori di Milan-Roma, la canzoncina dei rossoneri paragonati a carabinieri definita discriminatoria.

Per la Roma, sono state cancellate le sanzioni sin qui sospese: niente chiusura ulteriore della Curva Sud dell’Olimpico e niente ammenda di 50.000 euro. E’ stata poi ridotta da 50.000 a 30.000 euro la multa per i disordini del 22 febbraio fuori dello stadio di Bologna.

Come riporta l'edizione odierna del Corriere dello Sport, Daniele De Rossi invece resta squalificato per tre giornate, così come l’interista Juan Jesus.  De Rossi salterà domani il Napoli, salterà l’Udinese, salterà il Chievo e riatterrerà in campo il 25 marzo per Roma-Torino.

La tesi della Roma in realtà era più vasta e sottile e se fosse stata accettata avrebbe aperto una breccia nel muro portante dell’istituto della prova televisiva. Spiega il direttore generale della società giallorossa, Mauro Baldissoni: «Non ci sembra che in questo caso le immagini della Tv possano essere utilizzate perché l’episodio si è svolto nel punto in cui erano concentrate le attenzioni almeno dell’arbitro, di un addizionale e di un assistente. Non è lecito dire che Bergonzi non abbia visto, semmai che ha visto male. Ma in questo caso si tratterebbe di moviola, non di prova televisiva. In realtà l’arbitro ha visto benissimo, il gesto di De Rossi non è violento e nessuna valutazione da questo punto di vista può essere tratta da un frame al rallentatore che decontestualizza l’azione. Lo scorso anno in un caso analogo tra De Rossi e Mauri non presentammo ricorso perché sia noi sia il giocatore eravamo convinti che la sentenza fosse giusta».