rassegna stampa

Il ritorno di Adem il predestinato

Oggi Firenze riabbraccia un suo ‘gioiello’ quello che lo ha considerato suo figlio. Adem Ljajic è genio e sregolatezza, schiaffi e redenzione, playstation e, dicono, pure tanta cioccolata.  Per un periodo, come evidenzia il Corriere...

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Oggi Firenze riabbraccia un suo 'gioiello' quello che lo ha considerato suo figlio. Adem Ljajic è genio e sregolatezza, schiaffi e redenzione, playstation e, dicono, pure tanta cioccolata. 

Per un periodo, come evidenzia il Corriere dello Sport,  è stata la Penelope viola: di giorno tesseva e di notte disfaceva. E' successo pure con Delio Rossi. Lui, il tecnico, gli aveva dato fiducia, ma poi Ljajic, un po' scugnizzo e un po' Giamburrasca, lo ha spazientito. Tanto che gli schiaffi volati in panchina hanno fatto il giro del mondo, così come quei suoi occhi chiari pieni di lacrime. Messo fuori squadra, scappò in silenzio pure dallo spogliatoio, nessun saluto, nessuna parola nemmeno con i compagni, chiuso nel mantello della vergogna. Quella che, invece, non ha mai provato di fronte a Sinisa Mihajlovic, non più allenatore ma Commissario tecnico della sua Serbia. Perché, regolamento o no, lui pur di non cantare l'inno - i motivi vanno rintracciati in quella che è stata la guerra dei Balcani - ha rinunciato a giocarci con quella maglia. L'ha ritrovata solo con l'avvicendamento in panchina e con il ritorno in Italia del suo ex allenatore.

Ci ha pensato da solo a ricostruirsi il suo mondo. La Fiorentina, l'estate dell'arrivo di Montella, lo avrebbe anche ceduto, ma nessuno lo voleva più quel ragazzo talentuoso ma probabilmente difficile da gestire. Nessuno voleva mettersi una polveriera nello spogliatoio. Fu proposto pure al Pescara, ma i no furono due: del calciatore e pure della società. La metamorfosi è nata così: da un giocatore, oltre che da un uomo finito ai margini di tutto.  Gol, assist, fantasia e pure felicità. Poi la rottura.

Al momento giusto. Prima il Milan, e il mal di schiena nel tentativo di accelerare la cessione, poi il niente e di nuovo qualche gol nel precampionato. Quindi la presa di coscienza: o firmo il prolungamento o me ne vado. Oppure sto fuori, tornando a casa subito dopo aver fatto colazione con i compagni in ritiro. La Roma è arrivata al momento giusto.