Già alla vigilia la partita dell’Etihad aveva qualcosa in comune con quella dello Juventus Stadium. Era una chiamata finale: se davvero ci sei, è ora che lo devi dimostrare, non puoi più scappare. Dopo 3 minuti era ancora peggio. Un gol sul campo del City, davanti a Yaya Touré e Silva, può essere l’inizio della fine, puoi precipitare dentro alla partita senza capirci niente fino alla fine. A quel punto si sono materializzati 4 gradi di difficoltà, alcuni attesi, altri no. Il primo: dopo aver battuto avversarie non di primissimo livello, la Roma si trovava di fronte i campioni d’Inghilterra sul proprio campo. Il secondo: partiva sotto di un gol e di fronte aveva l’attacco più forte e più tecnico della Premier insieme a quello del Chelsea, il che avrebbe significato sconfitta sicura se avesse concesso un altro briciolo di libertà a gente come Dzeko e Aguero. Il terzo: per la prima volta in questa stagione doveva rimontare. Il quarto: assenti Strootman, De Rossi, Castan, Astori e infine De Sanctis, in panchina Garcia non aveva tutte le risorse necessarie per ribaltare la partita, doveva riuscirci con gli uomini che aveva già in campo. Dal 4’ al 90’ della partita di Manchester si sarebbe deciso qualcosa di più di un risultato, comunque importante, di Champions League.
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Il calcio giallorosso è quello europeo
La Roma ha dimostrato di esserci, anche in Europa. Ora è chiamata a ripetersi anche in Italia, a Torino, dove imposterà la partita in maniera molto simile.
Ci voleva il gioco, che la Roma frequenta da quando è arrivato Garcia, e ci volevano soprattutto doti finora mai viste, nel senso che non erano mai state necessarie (in dosi così abbondanti) per vincere: personalità, mentalità, coraggio, convinzione, freddezza e maturità. A Manchester, la Roma ha deciso che quello era il momento di dimostrarsi una grande squadra. La traversa di Maicon è stato il segnale. Aveva appena commesso una leggerezza in area e, neppure scalfito dall’errore, era già pronto a rovesciare il gioco, la corsa e la potenza nell’attonito centrocampo del City. La Roma ha giocato come raramente in queste ultime stagioni hanno fatto le squadre italiane in Coppa. Si è imposta con un calcio europeo, non di dominio, ma con scelte sicure, con intensità e ritmo, senza mai smettere di ragionare. Non ha sbagliato nemmeno una interpretazione nei tre diversi momenti che la gara ha proposto.
Ora la squadra di Garcia per completare questo processo di maturazione globale dovrà giocare una partita simile anche a Torino, nello stadio dove un anno fa prese una solenne bocciatura.
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