Nella partita contro la squadra di Mancini, Holebas è stato uno dei protagonisti: ha invaso la fascia sinistra della Roma, benedetto a voce alta da Francesco Totti che gli ha dato ampio mandato al greco.Per rialzarsi, Ranocchia e Campagnaro hanno dovuto attendere che il giramento di testa si spegnesse.
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Holebas: Totti e Lenin. A trent’anni è vita nuova
Holebas è stato il protagonista della partita contro l'Inter di Mancini dopo aver messo a segno un gol da manuale.
Trent’anni ha Holebas, è vero, ma se togliete tutto il tempo che ha aspettato diventano pochi. Una famiglia in viaggio continuo, un padre di nome Achille, un altro padre che in realtà è uno zio di nome Alfonso «che mi prendeva a calci per rispedirmi sulla strada giusta». Uruguaiano lo zio, come la madre Lowis. E poi se vogliamo un padre numero tre. Lenin, che non si chiamava davvero Lenin ed era tedesco. Però allenava e scoprì un bel giocatore dilettante non più bambino, fin troppo uomo, quando questi gli conficcò i tacchetti in una coscia.
Holebas poi si faceva scrivere Cholebas, la grafia che ancora si porta sulla schiena nella maglia della Roma. Perché stava in Germania, dove lavorava la famiglia e dov’era nato. E non giocava più.Aveva avuto una figlia da adolescente, aveva ripiegato i progetti di futuro e si era trovato un posto da aiuto magazziniere ma Holebas voleva un' altra vita.
Holebas aveva 23 anni all’esordio da professionista e 26 quando è andato in Grecia. Per la seconda volta in vita sua e sempre con Lienen ad allenarlo. A trent’anni si sente appena all’inizio del resto della sua vita. Per non dimenticare nulla, l’ha raccontata in scritte e immagini sul corpo: si è tatuato “Trust nobody”, non fidarti di nessuno, il suo nome, un teschio e un angelo, una strada e un castello. A volte basta serbare qualche sano rancore. «Juve, hai fortuna ma ti prendiamo». La prossima volta non aspetterà né calci nel sedere né urli. Farà da solo.
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