Difficile anzi impossibile entrare nelle zone proibite in cui lavorano Rudi Garcia e i suoi. Complicato, quindi, scoprire che cosa accada dietro quelle mura di cinta, che cosa abbia da dire o da far fare l’allenatore francese al suo staff e ai giocatori.
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Garcia blinda i suoi segreti
Difficile anzi impossibile entrare nelle zone proibite in cui lavorano Rudi Garcia e i suoi.
Prima o poi bisognerà trovare difetti a Garcia ed è meglio trovarglieli adesso che i risultati ancora si alzano per parlare in suo favore assieme a un piccolo grande vecchio come Bruno Conti, il quale gli dà atto: «Mi ha restituito l’emozione» . Bene, allora: il francese ha questa smania della segretezza, che mescola più abilmente degli altri allenatori romanisti e no con manifestazioni ludiche, esercizi spettacolari, esibizioni fosforescenti. Ha capito che un tecnico può lavorare in santa pace, a Roma o altrove, solo se è benvoluto.
Garcia sa distinguere il palcoscenico dalla vita reale. E li mescola, quando mostra alcuni dei suoi esercizi preferiti o li spaccia per tali, il lancio a tagliare il campo sempre più ampio e largo, il passaggio in profondità per l’attaccante che deve passare in mezzo a due pali stretti prima di controllare e calciare in porta. Ma poi quando serve si chiude e non filtra neppure una mosca. O magari una mosca sì, ma non torna a raccontarlo.
Negli Stati Uniti, terra di amichevoli, prima di partite non fondamentali per nessun futuro, Garcia annunciava il fuori tutti e serrava i cancelli prima di passare alle fasi conclusive della preparazione, in maniera da passare almeno un’oretta e mezzo da solo con la squadra.
A Trigoria ha fatto sigillare tutte le fessure tra muro e muro e tra albero e albero attraverso le quali era ancora possibile spiare, avendo occhi freschi, quel che accadeva sui campi rasati del centro sportivo.
Venerdì ha preteso che non restasse traccia neppure digitale, neppure sul canale di proprietà della Roma, della partitella tra prima squadra e Primavera. Solo lui, i giocatori di ogni età e il direttore sportivo Walter Sabatini porteranno con sé il ricordo di quanto è veramente accaduto. Immaginiamo sia un peso del quale possiamo fare a meno. Poi tiene per sé tutte le sue riflessioni, le rimescola a lungo come la polenta, chiedendo aiuto al massimo ai suoi assistenti Bompard e Fichaux. Gli stessi giocatori apprendono chi giocherà e chi no solo arrivati allo stadio, due ore prima della partita. Ed ecco il lato oscuro del sergente Garcia, la sua maschera, il suo segno.
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