(Corriere dello Sport-R.Maida) Si è goduto una doccia calda, solitaria, rigenerante, lasciando lo stadio Olimpico dopo tutti i compagni. Zoppicava un po’, per via dell’infiammazione al pube che non è ancora sparita,
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E De Rossi alza il tiro: “Champions, si può”
(Corriere dello Sport-R.Maida) Si è goduto una doccia calda, solitaria, rigenerante, lasciando lo stadio Olimpico dopo tutti i compagni. Zoppicava un po’, per via dell’infiammazione al pube che non è ancora sparita,
ma in un pomeriggio di cielo grigio aveva l’aria di chi si sveglia davanti a una bella giornata di sole: radiosa. (...) Daniele De Rossi diffonde una sensazione ottimistica arrivata dalla partita contro il Parma: «Il terzo posto è un obiettivo raggiungibile. Abbiamo davanti Lazio e Udinese che stanno facendo un campionato straordinario ma non sono superiori a noi. E se la Roma, con tanti alti e bassi, è ancora in corsa, significa che deve sperare nella Champions League. E’ il valore dell’organico a dirlo: possiamo vincere contro chiunque» .
IL RIENTRO -E’ tornato De Rossi, è tornata la vittoria. Certe cose non succedono mai per caso, anche se il diretto interessato non può confermare. «Abbiamo perso tante partite in autunno e io c’ero - spiega -. La verità è che la mancanza di continuità è una storia molto romanista. Anche negli anni passati giocavamo grandi partite e poi sbagliavamo quella successiva. In questa alternanza siamo sempre molto continui...» . Perché non si trova regolarità? «Sarà un fatto fisico, mentale, tecnico, tattico: tutto. Sicuramente qualche lacuna c’è. Ed è normale quando si crea una squadra dal nulla. La Roma ha cambiato mentalità, gioca un calcio propositivo in ogni partita. Questo equivale a cambiare 40 giocatori, ci ha scombussolati. In più noi abbiamo cambiato anche i giocatori, perciò un po’ di confusione è normale. Ma adesso ci siamo assestati. Se perdiamo delle partite è normale: la serie A è difficile» .
LE TAPPE -Luis Enrique non fissa traguardi e pensa a una partita dopo l’altra. Non è sbagliato? «No, anzi. Ci motiva. Se vinciamo tutte le partite, facciamo in tempo a vincere lo scudetto» . Gli scappa da ridere, è una provocazione che avalla i sistemi di lavoro di un allenatore che adora: «Sapete cosa penso di lui. Siamo fortunati ad averlo in panchina. E’ un uomo con tanti pregi. Difetti? Non lo so. O comunque non mi va di dirveli...» . Domenica la trasferta a Bergamo, poi il derby: «E’ un momento fondamentale del campionato. Vincere contro l’Atalanta sarebbe fondamentale per presentarci allo scontro diretto con la Lazio nel modo migliore. Il derby vale sempre qualcosa di speciale ma in questo caso conta tantissimo anche per la classifica» .
IL CONTRATTO -«In estate avevo promesso a Luis Enrique e anche a De La Peña, che poi purtroppo se ne è andato togliendo molto alla Roma, che sarei rimasto. Poi ho aspettato la società, garantendo che non avevo firmato per altri club. Nel corso della trattativa ho pensato alle altre possibilità, a misurarmi con altri palcoscenici, ma alla fine abbiamo trovato un accordo» . Anche se la Roma si è dovuta svenare per trattenerlo. «Siamo arrivati quasi alla scadenza - ricorda - i dirigenti avevano le spalle al muro. Il contratto non era stato rinnovato prima per colpa mia, non amo firmare e poi aggiornare lo stipendio anno per anno, e anche per via delle vicissitudini societarie che hanno impedito alla precedente proprietà di portare avanti la trattativa» . Gli avevano offerto cifre pazzesche, anche dieci milioni netti all’anno (dall’Anzhi): «Non è elegante parlarne. Non sarebbe rispettoso nei confronti delle società che mi hanno cercato e dei centrocampisti che giocano in certe squadre. Sicuramente mi sono immaginato in altre realtà. Ma non volevo rinunciare a tutto quello che ho a Roma» . Le cose semplici, come la felicità da tifoso per un uno a zero al Parma.
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