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Destro: «Roma sei bella. Ci divertiremo»

E’ persino difficile ricordarsi da quanto manca. A sentirlo confessare tutto il suo disagio in merito si capisce che ritiene se stesso e qualcun altro colpevole di quanto è accaduto e probabilmente altri ancora responsabili di averlo lasciato...

Redazione

E’ persino difficile ricordarsi da quanto manca. A sentirlo confessare tutto il suo disagio in merito si capisce che ritiene se stesso e qualcun altro colpevole di quanto è accaduto e probabilmente altri ancora responsabili di averlo lasciato da solo in equilibrio sul burrone con un ginocchio cigolante.

L'edizione odierna del Corriere dello Sport, riporta alcune sue dichiarazioni:

Mattia Destro, perché ha giocato a nascondino tutta l’estate?

«Sarebbe a dire?».

Sarebbe a dire che è andato a curarsi lontano dalle luci della ribalta.

«Parliamo d’altro».

Se proprio ci tiene. Quando torna a giocare?

«Le date ci sono. Preferisco non dirle perché già ne abbiamo dette troppe. Ci sono programmi da completare, cosette da fare. Bisogna vedere se il ginocchio regge e reagisce bene sotto certi carichi di sforzo. Se riuscirò a gestire la fatica, vorrà dire che è giunto il momento di riprendere gli allenamenti regolari».

Pensavamo ci stesse già riuscendo.

«In effetti tra palestra e atletica il fisico è in funzione. Sto aumentando gradualmente la pressione sul ginocchio. Però manca ancora qualcosa. Sono ottimista e proprio per questo preferisco non sbilanciarmi. Comincio a essere stufo degli imprevisti, persino di quelli positivi».

Almeno si ponga una data limite. Fine anno?

«Oh, spero proprio che per allora tutto sia a posto».

Ha mai temuto che la sua carriera fosse finita?

«No, non in questi termini. Però... si pensa a tante cose in quei momenti difficili. Certi aspetti della vicenda andavano affrontati nel modo giusto».

E non lo sono stati.

«Tornassi indietro, alcune decisioni sarebbero diverse. Mi sembra che come risposta basti».

Come si supera la nostalgia del campo?

«Con l’aiuto delle persone che non ti abbandonano nel momento dei bisogno. La voglia di ritornare a giocare era divorante, non lo nego. Il calcio per me è gioia, divertimento. Mi piace. Però mi resta difficile dimenticare gli esercizi di rieducazione, la fatica del recupero. La noia del lavoro forzato. Ma che cosa puoi fare? O molli, oppure cerchi di ritrovare la condizione fisica. Io ho scelto la seconda strada e in tanti mi hanno appoggiato».

Anche i compagni?

«Quasi tutti. Ma no, diciamo pure tutti. Mi hanno chiamato, l’allenatore mi ha mandato messaggi, la società mi è stata vicino. Non ho nulla di cui lamentarmi, quanto a questo. Inutile parlare della mia famiglia, della mia fidanzata, di coloro che mi vogliono bene. Ecco, in questi momenti capisci quali siano le persone che ti vogliono davvero bene. Gli altri spariscono. Buono a sapersi. Alla fine di questa storia ciascuno tirerà le proprie somme».

La Roma ha ceduto Osvaldo per molti motivi. Anche perché non voleva che qualcuno le facesse ombra. Questo la mette a disagio?

«No, non avverto questo tipo di pressione. Non ne ho neppure il tempo, sinceramente. Quel che mi pesa è vivere in condizioni fisiche che sono quelle che sono. Con la necessità di tornare in forma il più rapidamente possibile per contribuire alle sorti della squadra e della società. Con l’allenatore e i compagni che mi aspettano. Io credo in questa squadra e vederla da una poltrona mi deprime».

Che cosa le piace della squadra?

«Il modo in cui gioca, il bellissimo possesso palla. Giocando bene si mettono in evidenza le qualità degli attaccanti. Per uno come me non può che essere positivo andare in campo in una Roma di questo tipo. Ma chiunque disputi una partita riesce a mettersi in evidenza quando la qualità è così alta».

Un attacco di giocatori mobili sembra costruito apposta per lei.

«Abbiamo preso uomini adatti a questa filosofia. Il mercato è stato grandissimo: sono arrivati tanti giocatori e tutti forti. Non sarà un problema per nessuno integrarsi nel meccanismo».

Però sono stati anche ceduti giovani importanti: Marquinhos, Lamela. Come si rinunciasse a un pezzo di futuro.

«Queste sono scelte della società sulle quali non è giusto che noi giocatori esprimiamo giudizi. Posso solo dire che per due grandi giocatori e grandi persone che sono andati via ne sono arrivati sette od otto dello stesso tipo».

Qual è l’obiettivo, quindi? Champions League, Europe League, scudetto?

«Non mi piace dare i numeri. Siamo partiti bene e questo conta. Dove possiamo arrivare si capirà molto più avanti nella stagione. Adesso vediamo di proseguire come abbiamo cominciato».

Derby in arrivo.

«Una partita da non perdere. In tutti i sensi. Per me anche una partita disgraziata: proprio quel derby di Coppa Italia doveva essere l’ultima partita che ho disputato con la Roma? Ma forse è arrivato il momento di non pensarci più. Mi riferisco ai tifosi. Voglio dire: l’inizio del campionato è stato gratificante. Riprendiamo il discorso da lì».

Prima del suo infortunio, era soddisfatto delle sue prestazioni?

«Purtroppo lo stop è arrivato in un momento in cui stavo giocando bene e segnavo. Mi sono dovuto fermare quando la gente cominciava a conoscermi e anch’io mi riconoscevo. E’ troppo tempo che va avanti in questo modo. Che cosa devo aggiungere? Speriamo di rientrare presto».

Con le ricadute, il ginocchio che si gonfiava, si è fermata anche la sua scalata verso la Nazionale maggiore.

«Intanto abbiamo guadagnato la qualificazione al Mondiale del prossimo anno con largo anticipo ed è un successo enorme. Complimenti a squadra, allenatore, tutti quanti. Adesso non posso e non voglio sostenere che la convocazione per il Mondiale sia un mio obiettivo. Oggi i miei obiettivi sono più banali: rientrare in campo, capire di star bene, scattare come si deve. Fare le cose che facevo prima. Soprattutto sentire l’erba sotto le suole, colpire il pallone. Dopo tanto che sono fuori, non chiedo altro».

D’accordo. E quando verrà quel momento resterà abbastanza tempo per convincere Prandelli a portarla in Brasile?

«Se penso a questo sono perduto. La decisione spetta all’allenatore della Nazionale e gliela lascio volentieri. Io ho la Roma per dimostrare quanto valgo. Datemi la salute e lasciate che aiuti la Roma a fare strada. Voglio soltanto star bene. E’ questo che mi manca».

Mentre lei cerca di star bene, c’è Francesco Totti che tenta di soffiarle il posto in azzurro.

«Con lui ho un ottimo rapporto. E’ tra i molti che mi è stato vicino. Ed è un grandissimo campione. Avete presente come si emozionano i tifosi nel vederlo giocare? Ci emozioniamo allo stesso modo anche noi compagni di squadra. Se lo chiameranno in Nazionale non sarò certo io a lamentarmene».

E De Rossi? Sembra un altro rispetto a quello che si vedeva lo scorso anno.

«Mi viene da ridere quando sento criticare Daniele. E’ sempre stato questo, ve lo posso assicurare».

Sa, i giocatori ogni tanto vengono riscoperti. Quando riscopriremo Mattia Destro?

«Ripeto: spero presto. A stare fermi si soffre troppo. A non giocare al calcio un appassionato come me sta male. A non segnare sotto la Curva Sud si perde qualcosa. A volte basta il pensiero di poter festeggiare lì sotto per trovare la forza di mettere in campo tutto se stesso».

Non sembra che l’infortunio abbia logorato i suoi rapporti con la Roma, malgrado tutto.

«Se ne sentono tante di chiacchiere. Ho perfino letto da qualche parte che ero ingrassato in maniera smodata. Bene, eccomi qui, basta guardarmi per capire che è tutto falso. La Roma è una squadra importantissima e sono orgoglioso di farne parte».

Ancora di più se gioca come sta giocando adesso?

«Ancora di più se mostra il carattere che sta mostrando adesso»