(Corriere dello Sport - A.Vocalelli) Non c'è dubbio che molto sia cambiato e che la società, a cominciare da Sabatini, sia riuscita a dare una sterzata, piazzando evidentemente gli uomini giusti ai posti giusti.
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De Rossi e Totti finalmente riuniti nello stesso progetto
(Corriere dello Sport – A.Vocalelli) Non c’è dubbio che molto sia cambiato e che la società, a cominciare da Sabatini, sia riuscita a dare una sterzata, piazzando evidentemente gli uomini giusti ai posti giusti.
Così sono evidenti i meriti dell'allenatore, Rudi Garcia, capace di indicare la strada dal punto di vista tattico e di toccare, psicologicamente, le corde più sensibili. Così è stato fondamentale l'apporto di Strootman e Benatia, così è stato sorprendente il contributo di Gervinho. Così si può dire che i veri, grandi, acquisti della Roma siano stati Castan, Balzaretti o Pjanic. Fossero andati via, pochissimi si sarebbero strappati i capelli: anzi, eventuali cessioni sarebbero state salutate con soddisfazione.
Insomma, sono tanti i motivi per spiegare la rinascita della Roma. Ma uno forse è passato, o sta passando, inosservato. Perchè Garcia - tra i tanti meriti - ha avuto principalmente quello di essere riuscito a riunire nello stesso progetto De Rossi e Totti. Che nelle passate gestioni, ora l'uno e ora l'altro, erano finiti nella centrifuga. Due anni fa era stato il turno del capitano, messo dialetticamente e poi concretamente in discussione, fino alla sostituzione con lo Slovan Bratislava decretata da Luis Enrique. Il preludio a una stagione difficile, non a caso la più avara di gol degli ultimi quindici anni di carriera. Lo scorso anno invece è stata la volta di De Rossi, messo dialetticamente e concretamente ai margini da Zeman, con una scelta ancora adesso incomprensibile.
Il preludio a una stagione difficile, non a caso l'unica conclusa senza neppure un gol del centrocampista giallorosso. Insomma la Roma ha provato prima a giocarsela senza Totti, poi a giocarsela senza De Rossi. Finendo per pagare in entrambi i casi un conto salatissimo, malgrado i due abbiano dato - nei momenti di maggiore difficoltà - dimostrazioni di grande professionalità. Avete mai sentito una polemica - che sarebbe stata anche giustificata- di Francesco Totti? Avete mai sentito una polemica, che sarebbe stata più che giustificata, di De Rossi? No, tutti e due hanno atteso il momento della riscossa, con la stessa serenità e disponibilità con cui avevano accettato - in un derby con Ranieri - di essere entrambi sostituiti nell'intervallo, La Roma perdeva, loro uscirono e la Roma vinse, con quella mossa che sembrava una pazzia. Ma che nascondeva la convinzione, peraltro giustificata, che ci fosse un filo rosso a unire il capitano e il suo vice. Un filo rosso, o giallorosso, che nessuno doveva permettersi di spezzare. Sostituiti dunque tutti e due, in una vita in parallelo.
Metterli fuori entrambi, per 45 minuti, fu uno choc, evidentemente positivo per il gruppo, trovatosi improvvisamente a nudo. Pensare di poter declassare uno dei due, per un campionato intero, è stato invece il più grave errore di Luis Enrique e Zeman. Perchè loro sono i simboli della Roma degli ultimi anni. Talmente uniti, nel loro racconto, da aver fatto dire a De Rossi che «da tifoso, sarà una grande amarezza per me diventare un giorno capitano, perchè vorrà dire, vorrebbe dire, che Francesco ha deciso di smettere». Una frase di stima assoluta, di un protagonista che non pensa e non vuole immaginare di doversi sostituire a un altro, grandissimo, protagonista. Aver provato a dividere le loro storie - come se uno sceneggiatore pensasse di separare le strade di Batman e Robin - è stato il più grande errore della Roma degli ultimi due anni, la Roma di Luis Enrique e la Roma di Zeman.
Perchè non si può cambiare una storia, un film. E perchè anche nel calcio serve un po' di fantasia.
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