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Conti: “Con Zeman e Petkovic sarà uno show”

(Corriere dello Sport – S.Di Segni) – Il sorriso dolce della signora Flora Viola e il passo garbato del presidente per i viali di Trigoria riuscivano a placare la rissa di emozioni che si scatenava in lui prima del derby.

Redazione

(Corriere dello Sport - S.Di Segni) - Il sorriso dolce della signora Flora Viola e il passo garbato del presidente per i viali di Trigoria riuscivano a placare la rissa di emozioni che si scatenava in lui prima del derby. Trascinato,Bruno Conti trascinava dentro di sé la città intera: fino al fischio di inizio e oltre, Marazico si portava dietro i suoni e gli odori di Roma, le voci dei tifosi, i loro sogni, i suoi sogni. La notte progettava gol a occhi aperti, perché non c’era sonnifero che teneva. Una volta la traiettoria si materializzò alle spalle di Felice Pulici, era il ‘77, Conti prese a correre come un forsennato per la pista d’atletica, i compagni in scia, gli avversari al tappeto: «Ogni volta che rivedo il filmato mi viene la pelle d’oca».

Nella settimana che precedeva la stracittadina, Conti provava a nascondersi nelle bugie del Barone, «è una partita come le altre», si aggrappava alla calma di Ago, «l’unico che non perdeva mai la testa». Sul campo dava battaglia, fuori coltivava amicizie sincere: con D’Amico e Giordano aveva un rapporto speciale, l’altro Bruno ancora oggi gli rinfaccia l’affettuoso coro della Sud. E puntualmente finisce in risata: sfottò sano, «spiegatelo ai giovani».

Conti, interiormente come si doma un derby?  «Proprio a me lo chiedete?».

Con il sonnifero?  «Me lo diedero una volta la notte prima di una partita in Nazionale, fui sostituito dopo dieci minuti e da allora non c’ho più provato. Non c’è mai stato verso, ero nervoso, lo sentivo dentro, la testa mi diceva tante cose, provavo a giocarlo con l’immaginazione, sognavo un gol ad occhi aperti. Se sei romanista è così che funziona». 

Un compagno che riusciva a trasmetterle un pizzico di serenità?  «In queste partite Di Bartolomei era fondamentale. Agostino è cresciuto nel settore giovanile come me, sapeva cosa volesse dire il derby, tutto quello che comportava in città, ma aveva un modo tutto suo di affrontare certe sfide. Riusciva a caricarsi e a caricarti, senza mai perdere la testa».

E Liedholm come si comportava alla vigilia delle stracittadine?  «Il Barone era fantastico perché mentiva. A starlo a sentire potevi credere che non era una partita diversa dalle altre. Ma lo vedeva anche lui che non si poteva uscire dal Tre Fontane per quanti tifosi venivano ad assistere agli allenamenti. Eppure faceva di tutto per mascherare la tensione».

E il presidente Viola cosa vi diceva?  «Passeggiava per Trigoria e già bastava a trasmetterti serenità. Poi provava a ricordarti che il nervosismo non avrebbe portato da nessuna parte. Non è mai stato complicato seguire i suoi consigli, ma in quei giorni era diverso. Più di ogni altra cosa, però, mi è rimasto nel cuore il sorriso della signora Flora, la moglie del presidente. Quello sì che era un antidoto all’ansia». 

Un derby che non potrà dimenticare.  «Quello del ‘77, quando di fronte a Pulici decisi la partita con un gol al volo. Ancora oggi mi emoziono a rivedere il filmato. Ricordo che per la contentezza presi a correre sulla pista d’atletica, i compagni non riuscivano mica ad acciuffarmi».

Un derby da cancellare.  «A dire il vero non è che mi sia capitato spesso di disputare grandi match contro la Lazio. Il ricordo più brutto in ogni caso è legato ad un fallo di Manfredonia che mi costrinse ad uscire dal campo. Sono sempre state battaglie, nessuno si è mai risparmiato. Quel giorno Lionello venne negli spogliatoi per scusarsi. Poi ci siamo ritrovati a giocare insieme e siamo diventati anche amici».

L’avversario a cui è più legato?  «Due in modo particolare: D’Amico e Giordano. Con Vincenzo abbiamo giocato insieme nel Cos Latina, poi io sono approdato alla Roma e lui alla Lazio. Ma il nostro rapporto è sempre andato oltre la rivalità. Anche Bruno è un amico vero. Ogni tanto scherziamo su quel coro,  “di Bruno  ce n’è uno...” : per amicizia è costretto ad accettarlo».

E’ un aneddoto che vale un bello spot per il sano sfottò a tre giorni dalla sfida Capitale. «Perché no. In fondo è un bel messaggio. Comprendo l’agonismo che risveglia il derby, ma mi auguro che la gente non trascenda. Sarebbe bello vedere uno stadio pieno di bambini, in totale sicurezza. Questo è uno spettacolo che va preservato. E’ magico, non deve essere rovinato».

Il derby ha attraversato il tempo. Ed è rimasto intatto. E’ d’accordo?  «Il calcio è cambiato, ma le emozioni che trasmette questo appuntamento non cambieranno mai».

La Lazio si presenta con un tecnico al suo primo derby. Può essere un vantaggio?  «Posso dire che Petkovic ha dimostrato di essere un allenatore intelligente, ha dato un’impronta in poco tempo alla sua squadra, non è da tutti».

Che sfida sarà con Zeman?  «Stimo da morire il boemo. Ho la fortuna di vederlo all’opera a Trigoria e posso assicurare che durante la settimana lavora in modo pazzesco. Sa inculcare cose importanti, come la cultura del lavoro. E prepara le gare alla grande».

Quindi?  «Prevedo un derby spettacolare».