rassegna stampa

Baldini si difende

(Corriere dello Sport – R.Maida) – Ecco la difesa di Baldini, che ha parlato di Zeman, di De Rossi, di progetto e  nel momento più difficile della sua gestione ha rilanciato la sua sfida provando a trasmettere sicurezza.

Redazione

(Corriere dello Sport - R.Maida) - Ecco la difesa di Baldini, che ha parlato di Zeman, di De Rossi, di progetto e  nel momento più difficile della sua gestione ha rilanciato la sua sfida provando a trasmettere sicurezza.

SU ZEMAN - «Il tecnico può stare tranquillo: il Toro non sarà l’ultima spiaggia»

Punto primo: il futuro di Zeman. Il titolo del programma di Enrico Varriale era «Ultima spiaggia?» ma Baldini giura che la settimana prossima la Roma non cambierà allenatore, a prescindere dal risultato della partita contro il Torino: «No, non è l’ultima spiaggia. Siamo convinti che la squadra e il tecnico siano all’altezza delle aspettative. I risultati sono stati deludenti, è impossibile negarlo, ma i motivi per i quali sono stati deludenti sono motivi per i quali possiamo lavorare tutti insieme. La Roma riuscirà a riscattarsi».

Cosa non funziona? «La Roma sta vivendo in ogni singola partita due fasi distinte: quella in cui attacca e quella in cui difende. Quando attacchiamo andiamo a memoria, anche perché Totti, Lamela, Osvaldo e Destro conoscono il calcio italiano. I difensori invece, Burdisso a parte che viene da un infortunio, sono completamente nuovi, anche per il campionato italiano (in realtà Balzaretti non lo è, anche se è al primo anno di Roma, ndr)». Forse è stato un azzardo chiamare Zeman. Baldini sorride: «I risultati forse dicono che è stato un azzardo prenderlo. Ma la fase difensiva dello scorso anno era decisamente buona. L’abbiamo seguito a Pescara. Senza contare che la sua fase offensiva prometteva spettacolo. E da questo punto di vista ha rispettato i programmi».

Un tifoso gli domanda la ragione della ricerca costante di un calcio offensivo, dopo la lunga formazione capelliana: «Per puntare su allenatori come Capello devi avere una squadra già formata. Noi, costruendo il futuro attraverso i giovani, abbiamo ritenuto più funzionale puntare sul gioco. E continuiamo a credere nelle nostre idee. Purtroppo abbiamo dovuto cambiare tanti giocatori, più di quelli che avremmo voluto cambiare, perché l’allenatore che avevamo scelto un anno fa (Luis Enrique, ndr) ha deciso di andarsene. E ne è venuto un altro». (...)

BOX DEL GIORNALE - Ma a Trigoria cresce il dubbio: se la squadra non cambia marcia... Due settimane fa Walter Sabatini si era fatto intervistare da Roma Channel dribblando la domanda sul futuro di Zeman. E anzi. Aveva lasciato capire che buona parte dei problemi della squadra erano addebitabili all’allenatore, parlando di «condivisione» nella scelta estiva dei giocatori.

Ieri Baldini è intervenuto, opportunamente, per allontanare l’ipotesi di esonero, garantendo che la Roma andrà avanti con Zeman a prescindere dal risultato di lunedì contro il Torino. Questo, in effetti, è probabile. Ma è evidente che i dirigenti non siano affatto convinti, oltre che soddisfatti, di Zeman. Se la squadra non dovesse reagire da qui a un paio di settimane, quindi nelle prossime tre partite in cui il calendario offre l’opportunità di ripartire, la società si troverebbe obbligata a cambiare. E’ la scorciatoia (spesso) ingiusta del calcio: non potendo cambiare tutti i giocatori, che ieri Baldini e Sabatini hanno strigliato a Trigoria invitandoli a arraffare nove punti tra Torino, Pescara e Siena, pagherebbe il capo.

Zeman ha fatto molti errori, tattici e gestionali, in questo inizio di campionato disastroso. Non ha dato equilibrio alla squadra, imbarcando gol; non ha sfruttato risorse come De Rossi e Pjanic, mortificando le ambizioni di tanti calciatori; ha sempre attribuito le sconfitte della Roma a fattori (giocatori, arbitri, campi, persino riflettori) indipendenti dai suoi sbagli. Ma non è mai stato sostenuto a dovere dalla società. Lo scorso anno Baldini prometteva che non avrebbe mai licenziato Luis Enrique ed è stato di parola: alla fine, è stato Luis Enrique a licenziarsi da solo. Quest’anno, nessun dirigente della Roma ha mai promesso fiducia illimitata a Zeman. Forse perché fiducia assoluta, nonostante un contratto biennale, non c’è mai stata. Nemmeno ieri, guardando tra le righe: Baldini ha manifestato ottimismo ma non ha garantito che Zeman sarà ancora in panchina alla fine del campionato.

SUL PROGETTO - «Abbiamo investito non speso. Pallotta? Contatti quotidiani» 

Proprietà lontana, confusione dei ruoli, acquisti discutibili e molto costosi. Baldini risponde a tutti i rilievi che il Corriere dello Sport-Stadio aveva mosso nei confronti della società all’indomani della sconfitta nel derby. «Il vostro giornale - replica il dg - ha avuto una visione critica sin dall’inizio del percorso. Ed è legittimo, soprattutto in un periodo in cui è facile attaccarci. Ma vorrei chiarire, a proposito dei calciatori, che non abbiamo speso dei soldi. Abbiamo investito. E un investimento ha dei tempi di decantazione. Penso a Lamela. Qualcuno (non noi, ndr) ha definito folle il suo acquisto, invece era un’operazione in prospettiva». Sulla distanza fisica del gruppo americano, Baldini rovescia il discorso: «Pallotta ha il difetto di essere negli Stati Uniti ma la sua scelta è in linea con la creazione di una struttura diversa. In Italia ci lamentiamo dell’interventismo di certi presidenti, che addirittura mettono bocca sulla formazione. Con Pallotta questo non succede. Berlusconi non va a Milanello più spesso di quanto Pallotta non vada a Trigoria. Fermo restando che con la proprietà ci confrontiamo ogni giorno. Ma loro hanno avuto il torto di selezionare dei manager a cui demandano le questioni tecniche, riservandosi poi di giudicarne il lavoro e di fare i conti alla fine del percorso».

L’esempio è nei Boston Celtics:«Quando Pallotta è entrato nei Celtics ha scelto un allenatore e un general manager. Sono tutti e due ancora là e hanno vinto dopo un primo anno che è stato il peggiore della storia dei Celtics». Lui, Baldini, per ora assicura di non volersene andare: «Finché avrò le forze, continuerò a sostenere le mie idee. Se poi Pallotta non mi vorrà più potrà dirlo e lascerò senza problemi»

BOX DEL GIORNALE - Comunque restano gli errori in un mercato da oltre 110 milioni

E’ molto interessante la distinzione tra investimenti e spese, di cui parla Baldini. Ma il bilancio, in rosso per oltre 70 milioni, racconta che i conti sono peggiorati rispetto al giorno in cui il gruppo Pallotta ha acquistato la Roma (salvata, questo è un merito, dal fallimento). Inoltre molti investimenti non hanno reso. Tanto è vero che sono stati “rinnegati” attraverso le cessioni: sei giocatori su undici sono andati via dalla Roma un anno dopo essere stati ingaggiati. Baldini cita Lamela come esempio virtuoso ma ci sono diversi errori tra i 110 milioni immessi sul mercato. E se Borini ha fruttato una plusvalenza Kjaer è stato pagato 3 milioni per il prestito e rimandato in Germania, Josè Angel è costato 5 milioni e spedito gratis in prestito alla Real Sociedad, Stekelenburg e Pjanic sono ancora a Trigoria senza aver reso secondo le aspettative da 20 milioni complessivi. E i nuovi, beh, vanno valutati alla distanza.

Sulla distanza della proprietà, invece, Baldini ha abbracciato un’internazionalizzazione dello sport che a Trigoria non è ancora apprezzata. E l’assenza quotidiana di Pallotta si sente: i giocatori non sempre si riconoscono in Baldini e Sabatini. Non a caso, mentre oggi l’a.d. Pannes sbarca a Roma, sta per essere nominato un supermanager che vivrà a stretto contatto con la squadra. Quanto al progetto, il riferimento ai Boston Celtics è intrigante. Però quel tipo di mentalità è difficile da importare nel calcio italiano, e soprattutto a Roma, dove i tifosi vivono per la squadra del cuore e chiedono risultati. Se il primo anno poteva essere sperimentale, la Roma non ha fatto alcun progresso nella stagione numero due. Almeno finora: i punti in classifica sono gli stessi, e solo grazie al regalo di Cellino che ne ha offerti tre a tavolino. Un pizzico di scetticismo è giustificato. O no?

SU DE ROSSI - «Non abbiamo nessuna intenzione di cederlo E’ sempre stato così»

Per la prima volta, nei toni e nei contenuti, la Roma protegge con decisione Daniele De Rossi. Anche con un velo di autocritica, legato a espressioni sbagliate di un pensiero recente. Baldini, nel corso del programma, chiarisce la posizione ufficiale della società: «Sono stato incauto a parlare in un certo modo nella settimana del derby. E’ possibile che incosciamente abbia trasmesso del nervosismo a Daniele, che poi è stato espulso. Anche se lui mi ha detto di no, e che anzi è stato tradito dalla troppa voglia di aiutare la Roma, può essere che io non l’abbia aiutato. Il punto è che, come dice il mio direttore sportivo Walter Sabatini, l’onestà è un vizio. Ho solo risposto a una domanda di natura finanziaria: se arrivasse un’offerta per un calciatore, un manager di una società quotata in Borsa cosa dovrebbe fare? Ascoltare e poi eventualmente rifiutare, come è successo quest’estate». Ma cosa succederà a gennaio e in futuro? Baldini liquida la questione tentando di rassicurare gli amanti delle bandiere, scandendo attentamente i concetti: «Non abbiamo alcuna intenzione di cedere De Rossi. E non è una notizia. E’ sempre stato così». De Paola gli domanda se De Rossi sia contento di questo momento in cui l’amore gli arriva più da lontano che da vicino: «Nella settimana in cui si perde un derby e lui viene espulso prima e squalificato poi è un esercizio temerario dire che è felice. Ma per quanto riguarda la sua permanenza a Roma, quando una persona decide di fare una cosa è felice di farla». Assomiglia a un impegno.

BOX DEL GIORNALE - Il disagio del giocatore rimane, così come le incognite sul futuro

Le parole di Baldini e quelle di Ancelotti sono servite a spegnere le luci sul futuro di De Rossi, che ha già pagato (in tutti i sensi: soldi inclusi) il nervosismo di queste ultime settimane. Ma potrebbe essere troppo tardi per riportare il sereno a Trigoria. Perché De Rossi, ieri all’Olimpico per un evento del suo sponsor, è molto inquieto. Non ha mai detto alla Roma di volersene andare eppure si è reso conto che la sua eventuale partenza non sarebbe accolta con disperazione dai dirigenti. E questo, nell’ottica di un progetto tecnico che lo ha messo in discussione dopo averlo coperto di denaro, lo infastidisce.<br/> La partita adesso è molto delicata. Con le frasi di ieri pomeriggio, Baldini ha sottolineato che la Roma non sta cercando acquirenti per De Rossi. Il quale a sua volta, nella conferenza stampa di agosto, garantì di non avere mai comunicato la sua intenzione di chiudere il rapporto con la Roma. E’ già qualcosa, al di là del contratto lungo. Ognuno però lascia libero l’altro di decidere. Basta fare il primo passo.<br/> A gennaio è difficile che De Rossi vada via. Soltanto un’altra rottura fragorosa con Zeman accelererebbe il processo di addio. Ma escludendo episodi di autolesionismo, sarebbe un’operazione troppo traumatica e complicata, anche per Ancelotti che ha già formato un gruppo competitivo. Tutto può tornare in ballo con calma, a giugno. Se la Roma ricevesse un’offerta di 20-25 milioni dal Psg, la squadra che il giocatore ha eventualmente individuato come meta preferita, comunicherebbe a De Rossi di volerla accettare. E dall’altra parte, con umano dispiacere ma legittima ambizione, il trasferimento a Parigi sarebbe metabolizzato.