Ieri si è verificata la coincidenza. Francesco Totti, i suoi 38 anni, il suo tramonto che somiglia tanto ad un’alba. Lui va in crescendo, non si adagia verso l’orizzonte. Metterlo in campo dall’inizio per Rudi Garcia non è stato un omaggio. Lo sarebbe stato depositarlo in panchina.
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Per Totti prima gli auguri, poi classe e vittoria
Tanta commozione ieri all'Olimpico per il compleanno del capitano giallorosso. La vittoria corona una grande serata.
Il nome di Totti viene sempre accompagnato da un grido dello stadio intero. Questa volta è stato un grido travolto da tanta commozione. Rispetto al passato, c’è un Totti diverso. Uno che ha sbranato di gusto la vita e sa esattamente quali sono i pezzi da non inghiottire: «Sono felice con mia moglie Ilary, una ragazza bella dentro e bella fuori, felicissimo di essere padre che forse è la gioia più grande al mondo. Felicissimo di essere stato calciatore e sicuro di non diventare mai allenatore. Non ho il carattere e non ce l’hanno neppure i calciatori, soprattutto quando non giocano».
Maicon e altri hanno piazzato le candeline. Non sempre si riesce a spegnerle. Un gol e lo stadio sarebbe piombato nel buio. Sarebbe stato il vento dell’esultanza ad azzerare le fiammelle. Una volta ha cavato fuori il pallone di porta Sorensen, un’altra Gollini frugando a caso sotto la traversa.
Peccato, perché certe storie meriterebbero la perfezione di un lieto fine che apre la strada a molti seguiti. Probabilmente un gol avrebbe reso la festa più allegra e meno sincera.Ma poi Totti, prima di andare a cenare con famiglia e amici, si siede in panchina, guarda il cronometro, il prato, il pallone che s’infila in porta. Scagliato da uno dei suoi allievi prediletti. E sa di essere ancora una gran parte di qualcosa di importante.
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