Nel girone di ritorno del campionato scorso, quando Adem Ljajic è esploso fra le mani di Vincenzo Montella, a Firenze è partito il dibattito: chi è più forte fra Jovetic e Ljajic? Se valgono i primi 6 mesi del 2013 la risposta è chiara: Ljajic. Il quale, prima di quel fantastico metà anno da protagonista assoluto, aveva mostrato soprattutto i difetti dell’età.
rassegna stampa
Adem va a sinistra, Totti va al centro
Nel girone di ritorno del campionato scorso, quando Adem Ljajic è esploso fra le mani di Vincenzo Montella, a Firenze è partito il dibattito: chi è più forte fra Jovetic e Ljajic?
Jovetic è dell’‘89, ha iniziato a giocare in Serie A nel 2008, quattro campionati (più uno intero in infermeria), ma se chiedete a tutti gli allenatori che ha avuto quale sia il suo ruolo ideale avrete più di una risposta: attaccante centrale per Montella, ma anche attaccante esterno, trequartista, seconda punta, unica punta. Jovetic è tutti questi ruoli insieme. Ljajic è del ‘91, ha iniziato a giocare in Serie A dal gennaio 2010, due campionati e mezzo, ma il suo ruolo è chiaro: è un attaccante esterno di fascia sinistra.
Il movimento con la palla di Ljajic è quasi sempre il solito: partenza rapida da sinistra, primo dribbling sul primo avversario, taglio al centro e botta secca di destro prendendo in contropiede il centrale che gli esce incontro. Pensare che sia facile bloccarlo con qualche transenna piazzata bene sulla sua traiettoria è uno sbaglio: Adem sposta la palla in un centesimo di secondo e nello spazio di un centimetro quadrato, manda fuori tempo il suo marcatore e arriva al tiro. Che è secco e preciso, tantochè nella Fiorentina, dove pure non mancavano gli specialisti, spesso era lui a battere le punizioni. Nella Roma, con Totti, le possibilità di andare al tiro su punizione si ridurranno sensibilmente, ma anche questa è una chance in più per Rudi Garcia. (...)
GRAZIE A MONTELLA - La maturazione definitiva del serbo è avvenuta per merito di un ex centravanti della Roma, Vincenzo Montella, che lo ha aspettato quando tutta Firenze non lo sopportava più. Il tecnico viola aveva visto in Ljajic l’attaccante che poi è diventato. Gli ha insegnato che più nessuno gioca solo col pallone, lo ha arricchito di conoscenze tattiche, lo ha costretto, con successo, a rincorrere il suo avversario. Fino al gennaio scorso, quando perdeva palla, per Ljajic il tempo era solo quello dell’attesa: qualcun altro, non lui, avrebbe provveduto a riportargliela fra i piedi. A gennaio ha cominciato a pensare che toccava anche a lui andare a riprendersela. (...)
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