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Wenger alla Roma: ecco perché si può

(Corriere dello Sport – G.Marcotti) Quindici anni in un solo club sono tanti. Soprattutto se, come Arsene Wenger, hai speso buona parte di quei 15 an­ni a costruirti un club “su misu­ra”, curando ogni minimo det­taglio, dal centro...

Redazione

(Corriere dello Sport - G.Marcotti) Quindici anni in un solo club sono tanti. Soprattutto se, come Arsene Wenger, hai speso buona parte di quei 15 an­ni a costruirti un club “su misu­ra”, curando ogni minimo det­taglio, dal centro sportivo ultra­moderno di London Colney ( Wenger avrebbe progettato l'intero complesso fino a scegliere i rubinetti delle docce e il tipo di fiori per le aiuole) alla campagna-ac­quisti estiva.

For­se nessun club al mondo è specchio così perfetto della personalità e della volontà del suo tecnico.

EPOCA - Ma proprio per la lunga permanenza all'Arsenal si ha la sensazione che un'epoca potreb­be finire. Questa stagione Wen­ger pensava veramente di avere fatto quadrare il cerchio. Il suo Arsenal, a lungo elogiato dagli amanti del bel calcio ma criti­cato per un certo integralismo estetico, si era rafforzato con un centravanti che garantiva peso e muscoli come Marouane Cha­makh e uno stopperone di so­stanza come Koscielny. Ed era riuscito pure a trattenere il pez­zo da novanta, Cesc Fabregas, nonostante le lusinghe del Bar­cellona. E fino a due mesi fa, tutto procedeva come previsto. L'Arsenal era in lizza su quattro fronti: finalista in Coppa di Le­ga, vittorioso per 2 a 1 sul Bar­cellona negli ottavi di Champions, agli ottavi in FA Cup e, secondo in campionato, ad un punto dal Manchester United.

LO STOP - Poi, il tracollo. Bandie­ra bianca in Coppa di Lega con­tro il Birmingham, eliminato dal Barcellona in Champions, fuori contro il Manchester Uni­ted in FA Cup. E appena otto punti raccolti in otto gare di Premier, con conseguente sci­volone al tezo posto, a 9 punti dal Manchester capolista. « Sono io il responsabile, se c’è un problema, prendetevela con me » aveva detto dopo la sconfit­ta di domenica contro il Bolton. Il classico ' voto di fiducia' via media. E se molti tifosi dei Gun­ners si sono stretti attorno a lui, una minoranza vocale è rimasta in silenzio o, peggio, ha auspi­cato un cambiamento. E questo potrebbe veramente far riflette­re Wenger.

PRECEDENTI - Il francese è un ti­po introspettivo, uno che valuta tutte le opzioni prima di decide­re. Già due volte in passato è stato vicinisissimo al Real Ma­drid, rifiutando in extremis per­chè il club non gli offriva garan­zie assolute di indipendenza operativa. Segno che Wenger è aperto a nuove sfide. Cosa del resto che aveva già dimostrato nei primi anni 90. Pur essendo all'epoca allenatore del Monaco, eterno secondo nel campionato francese, decise di tentare l'av­ventura in Giappone: un modo per crescere professionalmen­te, per accettare una nuova sfi­da.

LA SFIDA - Roma, ovviamente, non è Nagoya, ma il Wenger di oggi non è quello di 17 anni fa. Lo spirito di sfida, l'emozione di un nuovo progetto potrebbe tro­varlo anche nella Capitale. La chiave di tutto però è questa: non sarà l'Arsenal a mandarlo via. Su questo non ci sono dub­bi. Perché Wenger è una di quelle rarità assolute del calcio mondiale: un allenatore che non fa spendere soldi ma comunque mette in campo una squadra com­petitiva che diver­te e riempie lo sta­dio. (Anche se - co­me dice chi lo cri­tica - l'ultimo tro­feo risale al 2005). E Stan Kroenke, il miliardario americano che ha aumentato la sua quota azionaria nel club di­ventando il padrone assoluto, è uno che bada ai conti. Per lui Wenger è la gallina dalle uova d'oro. Quindi dovrà essere lo stesso tecnico francese a volere voltare pagina. Un'ipotesi che oggi come oggi è meno remota rispetto a qualche mese fa.