(Il Romanista-C.Zucchelli) Trecentosessantacinque giorni fa, la sua notte più bella. Mirko Vucinic, il 18 aprile 2010, fu davvero l’uomo dei sogni.Due gol alla Lazio, tutti e due nel secondo tempo e sotto la Sud,
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Vucinic se ne vuole andare
(Il Romanista-C.Zucchelli) Trecentosessantacinque giorni fa, la sua notte più bella. Mirko Vucinic, il 18 aprile 2010, fu davvero l’uomo dei sogni. Due gol alla Lazio, tutti e due nel secondo tempo e sotto la Sud,
una gioia provata rare volte prima di quella sera, visto quanto significava quella doppietta. «Molto bellissima», la definì lui sorridendo, riprendendo una frase detta dopo Roma-Atalanta che tanto era piaciuta ai romanisti. Adesso, di quello spirito e di quei sorrisi, non è rimasto più nulla.
Vucinic se ne vuole andare. E a Trigoria lo sanno tutti: da Montella ai compagni di squadra, che non hanno certo preso bene i suoi atteggiamenti di queste ultime settimane. Mirko lo aveva detto sia a Rosella Sensi sia a Montali e Pradè già a gennaio: «Cedetemi», era stata la sua richiesta, viste le offerte che gli erano arrivate da Juventus, Inter e alcuni team inglesi. Nessuno si era fatto vivo con la Roma, ci avrebbero pensato lui e il suo procuratore a portare a Trigoria le squadre interessate, ma non se ne fece nulla perché nessuno volle sentire ragioni. D’altronde, i giallorossi erano ancora in lotta su tre fronti e non si poteva certo mandare via uno dei prezzi più pregiati della rosa. La speranza - neanche troppo segreta poi - era che, col passare dei mesi, Vucinic cambiasse idea e si convincesse dell’importanza del progetto romanista. Cosa che non è successa, nonostante al capitano della nazionale montenegrina siano stati recapitati, e in più modi, i complimenti e gli apprezzamenti della nuova proprietà americana, che non solo vorrebbe tenerlo, ma vorrebbe considerarlo anche uno di quei giocatori su cui costruire la Roma che verrà.
Questo, anziché tranquillizzare Vucinic, lo ha mandato ancora più in confusione: convinto com’è di voler andare via, ha paura di restare bloccato da un contratto in scadenza nel 2013 (di rinnovo non vuole neanche sentirne parlare) e in queste ultime settimane non riesce più ad essere concentrato sul presente. Il futuro è la sua unica preoccupazione e questo, in campo, si vede eccome. Se ne sono accorte le persone che più gli sono accanto: Montella e i compagni di squadra. Tutti lo stimano, visti i numeri da fuoriclasse, ma non sono più disposti a tollerare certi atteggiamenti, in partita come in allenamento. Perché passi pure l’errore a porta vuota (come ha ammesso lo stesso Montella è capitato anche ai più grandi campioni), quello che lo spogliatoio fa fatica a tollerare è la mancanza di rabbia, di cattiveria, quell’indolenza irritante che sembra far giocare la squadra in dieci. A Vucinic questo è stato fatto presente e con toni anche piuttosto aspri: sia sabato sera dopo la partita, sia ieri mattina a Trigoria. Perché quello che conta è il presente, c’è un campionato da concludere in maniera quantomeno dignitosa e una Coppa Italia da conquistare. Il resto si vedrà.
MENEZ Discorso leggermente diverso per quanto riguarda Jeremy Menez. Anche il suo futuro è in bilico: più che andarsene, vorrebbe giocare con continuità. E con Montella questo sta succedendo, nonostante il francese in pubblico abbia detto il contrario. Da quando Vincenzo allena la Roma, Menez è stato impiegato in sette partite su otto, di queste tre partendo dalla panchina e quattro dal primo minuto. Segno che Montella punta su di lui, a patto di tornare però ad essere quel giocatore determinante che era stato nella prima parte di stagione. Altrimenti, meglio per tutti che le strade si separino.
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